Joker: folie à deux, di Todd Phillips

L’incrocio tra il filone carcerario più claustrofobico e il musical più fiammeggiante con le ombre di Minnelli e Aldrich e Lady Gaga travolgente. Ancora più bello del precedente? VENEZIA81. Concorso.

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È il sequel di Joker ma in realtà è un altro film. Proprio come Una notte di leoni 2 rispetto al primo e il terzo col secondo. La rottura della continuità attraversa parte della filmografia di Todd Phillips. Ci possono essere gli stessi personaggi, lo stesso impianto narrativo, ma poi i suoi sequel prendono spesso un’altra direzione. Dopo l’enorme succeso di Joker – Leone d’oro alla Mostra di Venezia del 2019, due Oscar su undici nomination (Joaquin Phoenix e la colonna sonora di Hildur Guðnadóttir) oltre un miliardo di dollari incassati in tutto il mondo – Joker: folie à deux è un viaggio sotterraneo nell’inconscio (del cinema) che mette in risalto lo scarto tra visione e percezione, i pensieri dei protagonisti e la realtà, proprio come nella scissione hitchcockiana di Gregory Peck in Io ti salverò.

In Joker: folie à deux c’è spesso una tv accesa. Lì c’è la storia del doppio di Arthur Fleck, Joker. Viene raccontato il suo passato (il crimine commesso), viene anticipato il suo possibile futuro (il processo e la pena di morte). Come nel film precedente, Joker prepara e mette in scena il proprio spettacolo. Cambia però lo sfondo. Non ci sono più l’illusione delle tracce documentaristiche della New York degli anni ’70 e ’80, ma l’incrocio tra il filone carcerario più claustrofobico e il musical più fiammeggiante. Gran parte di Joker: folie à deux si svolge infatti tra le mura dell’istituto di correzione di Arkham o nell’aula del tribunale. Qui infatti è rinchiuso Arthur Fleck dopo aver ucciso cinque persone (in realtà sei) tra cui il presentatore dello show Murray Franklin che in Joker era interpretato da Robert De Niro. Un giorno il suo sguardo si incrocia con quello di Lee, nella stanza dove si fanno le prove del coro. Lei gli racconta che l’anno rinchiusa l’ha dentro perché ha dato fuoco alla palazzina dei genitori. In più gli dice che fuori è una star, soprattutto dopo che hanno fatto il film su di lui.

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Joaquin Phoenix e Lady Gaga (travolgente!!!) si sono subito riconosciuti. I loro personaggi e anche gli attori. La loro ‘attrazione fatale’ è scattata dal primo sguardo, anzi dall’odore. Sembra essere lo stessa tra Bradley Cooper e la cantante-attrice prima dell’esibizione di Shallow in A Star Is Born. Come Cooper, anche Phoenix invita Lady Gaga a ballare. Ed è subito un grandissimo show. La ‘folie à deux’ del titolo – che è stata descritta per la prima volta dai due psichiatri Charles Lasègue et Jules Falret nel 1877 che indica una forma di disturbo delirante che viene trasmessa da una persona che ne è affetta a un’altra dal momento in cui si frequentano – li trascina in un universo parallelo.

Phillips è uno dei cineasti statunitensi che ha saputo raccontare meglio la follia, soprattutto nelle traiettorie on the road di Parto col folle. Dei segni DC Comics restano solo gli schizzi e il trucco del personaggio di Joker. Poi il film è un magnifico delirio. Appunto il musical. L’unica dimensione possibile dove Arthur e Lee possono cantare, amarsi e vivere felici per sempre. Joker: folie à deux recupera l’euforia di Minnelli – già apertamente citato con la scena in tv di Spettacolo di varietà – danza verso Coppola di Un sogno lungo un giorno in un estratto dei numeri delle quindici canzoni della colonna sonora e si accende e prende fuoco anche soltanto con l’immagine di Joker sotto la pioggia, come un Gene Kelly/Stanley Donen in chiave horror.

Ok, è inutile, nascondersi: questo è uno dei più bei omaggi al musical del cinema statunitense del XXI° secolo, altro che La La Land. In più regala numeri trascinanti, come quello di To Love Somebody. Joaquin Phoenix guarda Lady Gaga con la stessa passione di Johnny Cash verso June Carter (Reese Witherspoon) in Quando l’amore brucia l’anima. Walk the Line. Proprio in questa corrispondenza s’incrociano due tra i più grandi cineasti americani del XXI° secolo come Todd Phillips e James Mangold. Più oscuro e fiammeggiante il primo, apparentemente più lineare nei codici dei generi il secondo. Ma è un cinema che, in entrambi i casi, smaschera i personaggi, li fa convivere con le zone d’ombra più nascoste. In più Joker: folie à deux racconta strordinariamente la contemporaneità esibendo i nervi più scoperti, lasciando affiorare le paure più rimosse, nella luce/buio della metropoli, proprio come la New York di Lumet (Serpico, Quel pomeriggio di un giorno da cani) e Scorsese (Taxi Driver) degli anni Settanta. Cupo e sognante, meticoloso in un Metodo da Actors Studio dove Lady Gaga è ancora una mutante e Joaquin Phoenix si muove facendo vedere le ossa del suo corpo come in una delle immagini iniziali. Parte come un cartoon, devia verso Aldrich con le facce dei poliziotti, soprattutto Jackie interpretato da Brendan Gleeson, che sembrano quelle di Quella sporca ultima meta. Un’illusione, un incubo, ancora un’illusione. Un cinema di deliri e risvegli, che ha una forza e una passione travolgenti. Già Joker era bellissimo. Questo lo è allo stesso modo, anzi forse un po’ di più.

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.7
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Il voto dei lettori
3.33 (3 voti)
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