Ken il guerriero – Il film, di Toyoo Ashida

A distanza di 38 anni, è ancora l’adattamento più emblematico del manga di Buronson e Hara. E a differenza delle serie, innerva ogni passo, gesto o atto dell’eroe di una valenza brutalmente politica.

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Basterebbe guardare l’incipit di Ken il guerriero – il film (1986) per comprendere il senso dei discorsi veicolati dal primo adattamento cinematografico dell’omonimo manga scritto da Buronson ed illustrato da Tetsuo Hara. Qui il mondo, non ancora preda di un inesorabile dissesto socio-ambientale, sembra avvolgere chi guarda in un idillio virgiliano, tra fiumi incontaminati e orizzonti collinari talmente catartici e seducenti, da stregare la coscienza dello spettatore, e catapultarlo in una cornice inebriante, dal candore quasi onirico. Eppure in un istante tutto cambia. Senza alcuna soluzione di continuità ci troviamo improvvisamente all’inferno, in un mondo nato dalle ombre – o meglio, dalla luce – di un disastro nucleare, che inabissa nell’oscurità i (pochi) sopravvissuti all’olocausto apocalittico, annullando con una sola tempesta incendiaria ogni istanza di vitalità. Il pianeta, da che immerso nello splendore estatico della natura, è caduto preda del buio. Ed è da questo dualismo, dal confronto tra poli opposti e brutalmente incompatibili, che il lungometraggio articola tutte le sue riflessioni, riportando sullo schermo i codici che hanno reso immortale l’opera fumettistica su Kenshiro.

Perché questo Ken il guerriero – il film, realizzato dalla Toei Animation in contemporanea con la celebre serie televisiva, e arrivato a distanza di 38 anni per la prima volta sugli schermi nostrani, è forse il più grande omaggio non tanto alle gesta salvifiche dell’eponimo eroe e al sistema valoriale di cui si è fatto storicamente portavoce: ma è un tributo alle estetiche, ai temi e ai registri messi in scena da Buronson ed Hara nella loro iconica opera fumettistica. Rispetto all’anime seriale, comunque importante per codificare il mito di Kenshiro nell’immaginario collettivo di milioni di appassionati, questa prima traduzione filmica riflette la crudeltà e lo spirito altamente viscerale osservato nelle pagine del manga, e con cui i due autori hanno suggellato i sacrifici (dis)umani conseguiti da Ken, e innervato il corpo, i pugni e lo sguardo del leggendario eroe di una valenza instancabilmente pacifista. E lo hanno fatto puntando lo sguardo sulle logiche del contrasto: perché è solo attraverso la cancellazione delle storture e dell’oblio in cui si è inabissata la realtà nel post-Apocalisse, che il protagonista può ergersi a faro di luce dell’umanità: anche – e soprattutto – in faccia ai laceranti gesti di violenza in cui necessita di profondersi.

Adattando i primi 72 capitoli del manga in maniera perlopiù arbitraria e non pedissequa, gli autori di Ken il guerriero – il film configurano il cinema come macchina per superare la censura televisiva a cui era stata parzialmente sottoposta l’omonima trasposizione seriale, fino ad individuare nel grande schermo l’orizzonte in cui esaltare al massimo della loro espressività politica i temi dell’opera. E ciò che consente al racconto di materializzare tutte queste istanze è proprio l’adesione assoluta alle marche grafiche della controparte cartacea: le uniche che permettono al film di presentare allo spettatore una soffocante atmosfera da incubo, e di generare senso a partire da quel contrasto che solo la violenza, unita alla purezza dell’animo di Kenshiro, può rendere veramente intelligibile.

Dopo quell’incipit idilliaco, sporcato dall’avvento della dissoluzione apocalittica, Ken si ritrova in un mondo infernale, dominato da un’amoralità che lo lascia (e ci lascia) senza fiato. E dopo che il suo collega fraterno Shin lo trafigge a morte, arrivando addirittura a sequestragli la sua amata Julia, ecco che l’eroe non può che abbandonarsi ad un oscuro cammino di vendetta: dove però ogni passo, gesto o atto, anche quello più apparentemente nefasto o nichilistico, è compiuto in nome di un ideale superiore, nato sotto il segno di quel pacifismo che l’eponimo protagonista di Ken il guerriero – il film porta iscritto nel cuore, e che in un orizzonte così infernale non può che manifestare attraverso la violenza. Connotata, grazie all’audacia del team di Ashida, di una carica propriamente politica.

Lo spessore di Ken il guerriero – il film, se vogliamo, sta tutto qui. Più Kenshiro si sbarazza dei nemici/fratelli caduti preda dell’ambizione (ecco un altro contrasto) più manifesta patologicamente verso l’esterno i suoi ideali, innervati di una purezza talmente totalizzante da trasfigurare i fenomeni stessi della realtà. E se il mondo alla Mad Max sembra rifuggire a qualsiasi fantasia salvifica, la presenza dell’eroe in tale realtà rappresenta l’unica luce capace di dissipare il buio dell’universo, tanto che attraverso il solo utilizzo delle arti marziali, frutto di un universo morale inattaccabile, Ken fa rigermogliare la terra (intesa come pianeta, e come ambiente) anche in faccia al dissesto in cui è sprofondato il mondo in seguito all’olocausto nucleare. Una serie di questioni che il lungometraggio riesce a rendere radicali proprio perché configura il maestro della Divina Scuola di Hokuto come unico viatico di salvezza per la collettività. E più Ken arriva a sputare sangue e sudore, più il suo sacrificio si dipana, agli occhi dello spettatore, alla pari di un’abbacinante, ed estatica panacea.

Titolo originale: Hokuto no Ken
Regia: Toyoo Ashida
Voci: Akira Kamiya, Yuriko Yamamoto, Kenji Utsumi, Chikao Ohtsuka, Toshio Furukawa, Kaneto Shiozawa, Tomiko Suzuki, Teiyu Ichiryusai, Arisa Ando, Junji Chiba, Junpei Takiguchi, Daisuke Gori, Hidekatsu Shibata, Hiroshi Otake, Takeshi Aono
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 110′
Origine: Giappone, 1986

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