La moglie dell’aviatore, di Éric Rohmer

Primo capitolo della serie “Commedie e proverbi” è tra i migliori esempi del cinema del regista di trasformare il Teatro in Cinema. I dialoghi ipnotizzano lo spettatore rendendolo parte della storia.

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Paris m’a séduit, Paris m’a trahis, Paris m’a pris mes espoirs et mes illusions…et je me  sens tojours fìere de ma solitude..”. La canzone scritta e musicata da Eric Rohmer che chiude il film potrebbe essere la chiave di lettura de La moglie dell’aviatore, primo capitolo della serie “Commedie e proverbi”. Il ribaltamento del pensiero di De Musset da “non possiamo pensare a tutto” a “non possiamo pensare a niente” rivela la possibilità che nell’interazione tra una città e i personaggi che la percorrono, il gioco dell’amore e del caso trasformi gli attori di una recita teatrale in personaggi estremamente veri.

Nel tempo di una giornata particolare (Un jour exceptionnel era il titolo iniziale poi modificato per evitare le assonanze con il film di Ettore Scola) si intersecano le vicende di quattro parigini dai caratteri diversi: François (Philippe Marlaud, grande talento morto precocemente per un incidente) è un giovane ingenuo che sospetta di tradimento la nevrotica fidanzata Anne (Marie Rivière) che in realtà è innamorata di Christian (Mathìeu Carrière) l’aviatore del titolo, a sua volta in attesa di un figlio concepito con la propria moglie e deciso a troncare la relazione con Anne. François imbattendosi per caso nella coppia di amanti decide di pedinare Christian fino al Parc des Buttes Chaumont e nel frattempo fa la conoscenza della quindicenne Lucie (Anne-Laure Meury) che sembra interessarsi a lui. L’indagine investigativa che sostiene il pedinamento si trasforma in indagine conoscitiva sulla propria interiorità e sulla posizione di fronte agli eventi imprevedibili della vita.

Éric Rohmer si ispira a Marcel Carné nel rendere Parigi una città viva e pulsante, fuori dai luoghi comuni e dalle attrazioni turistiche. Il Parc des Buttes Chaumont è lo scenario ideale dove fare intersecare diverse prospettive: l’entusiasmo giovanile di Lucie si scontra con lo stato soporoso di François che lavora di notte e studia di giorno e si addormenta spesso, travolto dalla stanchezza. Così la vita gli passa accanto e lui perde occasioni, visioni, dettagli, indizi. Non si accorge che Anne non solo non lo lo ama, ma fa di tutto per allontanarlo, fino ad arrivare ad umiliarlo. Marie Rivère è eccezionale nel rendere il personaggio di una donna sempre insoddisfatta ma che si nutre della propria infelicità, come fosse un tratto costituivo del proprio carattere. Il suo desiderio di solitudine, che richiama il testo della canzone di Rohmer, dipende da una serie di disillusioni e tradimenti, che hanno chiuso la porta alla speranza.

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Il lungo dialogo tra François e Anne all’interno dell’appartamento ha una potenza espressiva esaltata da una tecnica di ripresa che si ispira a Renoir. Nessun primo piano, ma prevalenza di campi medi per esaltare i dettagli della scenografia e il rapporto dei personaggi con gli oggetti che li circondano. I dialoghi di Rohmer non annoiano mai non solo per la veridicità degli scambi comunicativi (le parole sono sempre accompagnate da una comunicazione non verbale ricchissima) ma anche per la relazione dei protagonisti con l’ambiente circostante. Lo spaesamento di François di fronte alla continua mutevolezza della realtà viene reso magistralmente dall’ amara presa di coscienza che nessuna fotografia e nessun pedinamento potranno mai svelare l’essenza dei fatti per come sono realmente avvenuti.  E nel dolore si rimane soli e incompresi. L’unica soluzione è “substine et abstine” ovvero reggi la sofferenza e astieniti dal metterla in scena perché le persone hanno perso la capacità di partecipare al dolore degli altri. Il finale agrodolce va proprio in questo senso e rivela la eccezionale capacità di Rohmer di conoscere tutte le intermittenze delle emozioni umane.

Premio FIPRESCI al Festival del Cinema di San Sebastian, girato in 16 mm adattandosi alle condizioni metereologiche (alternanza sole-pioggia), La moglie dell’aviatore è tra i migliori esempi dell’arte di Éric Rohmer di trasformare il Teatro in Cinema. I dialoghi ipnotizzano lo spettatore rendendolo parte della storia. Parigi è lo sfondo ideale per muovere le fila di personaggi che nel tempo diventano tipi umani universalmente riconoscibili.

 

Titolo originale: La femme de l’aviateur
Regia: Éric Rohmer
Interpreti: Philippe Marlaud, Marie Rivière, Anne-Laure Meury, Mathieu Carrière, Coralie Clément, Lisa Hérédia, Haydée Caillot, Mary Stephen, Neil Chan, Rosette, Fabrice Luchini
Distrivuzione: Academy Two
Durata: 104′
Origine: Francia, 1981

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.2
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Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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