La programmazione di Fuori Orario dal 14 al 20 luglio

Le luci dell’Africa con Ahmed El-Manouni e Med Hondo, i colori del noir con Robson, Tourneur e Renoir. E poi, Rohmer, Bene e Straub-Huillet. Da stanotte.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Domenica 14 luglio dalle 1:25 alle 6:00

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Fuori Orario cose (mai) viste

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di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

INCONTINENTE NERO. LUCI DALL’AFRICA (3)

a cura di Fulvio Baglivi

ALYAM ALYAM                                

(Marocco, 1978, b/n, dur., 84′, v.o sott., it.,)

Regia: Ahmed El-Manouni

Con: gli abitanti di Toualàa (Oulad Ziane) nella regione di Casablanca, in particolare: Abdelwahad e la sua famiglia, Tobi, Afandi Redouane e Ben Brahim

Restaurato nel 2015, grazie al progetto World Cinema Project della Film Foundation, in collaborazione con Ahmed El-Maanouni

Il film parla di sogni infranti, della forza che nasce dalla disperazione e delle circostanze che hanno condotto al crollo della società tradizionale marocchina. Dopo la morte del padre, il giovane Abdelwahad deve prendere il suo posto come capofamiglia e provvedere alla madre e ai suoi sette fratelli. Ben presto però non sopporta più la vita nelle campagne e la povertà senza via d’uscita; quindi, decide di andare in Francia a lavorare.

“Volevo semplicemente mostrare i volti dei braccianti, onorare i loro silenzi e le loro parole. Non cercavo la bellezza spettacolare, ho fatto in modo che il mondo rurale si esprimesse visivamente attraverso l’astrazione e il silenzio. Riguardando Alyam Alyam, dopo quasi quarant’anni, osservo quanto tutto sembrasse presagire la tragedia vissuta oggi da migliaia di migranti”. (A.El Maanouni) 

L’ALTRA FACCIA DEL SOLE – REPORTAGE DALL’ETIOPIA DI ALBERTO MORAVIA

(Italia, 1967, col., dur., 52’)

Regia: Gianni Barcelloni

Con: Alberto Moravia

Reportage dall’Etiopia di Alberto Moravia, voluto e diretto da Gianni Barcelloni, già produttore di Capricci di Carmelo Bene e Tropici di Gianni Amico, oltre che una miriade di film, programmi tv, sempre originali e ricercati. Moravia torna in Africa dopo l’avventura di Alcune Afriche, realizzata con Andrea Andermann, precisamente in Etiopia, per raccontare i mali atavici che affliggono gli africani, costretti alla povertà dallo sfruttamento e il saccheggio delle loro risorse, nonché da un’organizzazione sociale che privilegia pochi a dispetto degli altri.

SOLEIL Ô

(Mauritania- Francia, 1967, col., dur., 100′, v.o. sott., it.)

Regia: Med Hondo

Con: Robert Liensol, Théo Légitimus, Gabriel Glissand, Mabousso Lô, Alfred Anou, Les Black Echos.

Uno dei film africani più importanti del periodo intorno al ’68, presentato a Cannes e Locarno nel 1970, restaurato negli ultimi anni da The Film Foundation’s World Cinema Project, nell’ambito di un progetto più generale di riscoperta di  Med Hondo, vissuto in Mauritania ed emigrato  in Francia nel 1959, autore di numerosi film.

Un immigrato africano in cerca di lavoro scopre le violenze della “Douce France”, il razzismo generalizzato ma anche l’indifferenza e i privilegi dei dignitari africani che vivono a Parigi. Un’opera di lucida rivolta  contro tutte le oppressioni, prima di tutto la colonizzazione in  tutte le sue conseguenze politiche, economiche e sociali, e nello stesso tempo la denuncia dei fantocci che la Francia ha installato al potere  in molti paesi africani. Definito dal suo autore come  “10 anni di gollismo visti dagli occhi di un africano a Parigi”.

“Ci siamo trovati ad essere artisti ‘di colore’, come si dice di solito, per puro caso insieme a Parigi sostanzialmente per le medesime ragioni, Bachir, Touré, Robert e io e ci siamo trovati nel bel mezzo di un paese, di una città, nella quale rimediare di che vivere, in parole povere, dove lavorare, : essere un attore, un musicista, un cantante. E dove, però, ci si è subito resi cono che le porte erano chiuse (…) Allora, per uscirne abbiamo deciso di fondare un gruppo teatrale e nell’attesa abbiamo realizzato un film tutti insieme, Soleil Ô  (..) Tutte le scene sono ispirate alla realtà. Perché il razzismo non si inventa, soprattutto al cinema. E’ una specie di mantello che ti mettono addosso, con cui sei obbligato a vivere. (…) Ma so bene che il cinema da voi definito cinema-verità ha sempre evitato di dire cose del genere…”.  (Med Hondo, 1970)

 

Venerdì 19 luglio dalle 0:50 alle 6:00

LINGUA CHE SI ADOTTA NON SI ADATTA

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto 

Tre lavori di autori molto cari a Fuori Orario, accomunati dal rapporto con opere di epoche precedenti, il cui testo viene “detto” e non adattato. Tre metodi diversi che guardano al rapporto tra letteratura e immagini in movimento fuori dai canoni abituali.

GLI AMORI DI ASTREA E CÉLADON

(Les amours d’Astrée et de Céladon, Francia, Italia, 2007, 105′, v.o. sottotitoli italiani)

Regia: Eric Rohmer

Con: Andy Gillet, Stéphanie Crayencour, Cécile Cassel, Véronique Reymond

Opera maggiore della letteratura francese del XVII secolo (pubblicata a partire dal 1607), Les amours d’Astrée et Céladon di Honoré d’Urfé è un romanzo pastorale conosciuto anche come “Il Romanzo dei Romanzi” sia per la sua estrema lunghezza sia per il grande successo che ottenne in tutta Europa. L’azione si svolge nel V secolo, nella Gallia ai tempi dei Druidi, al di fuori della civiltà romana. .Céladon è il figlio di una famiglia di piccola nobiltà  che si traveste da pastore per amare  la pastorella Astrée. Per un equivoco Astrée crede di essere stata tradita e ripudia Céladon che, disperato, si getta in un fiume ma viene salvato dalle ninfe della dea Galatea che lo accoglie nel suo regno a patto che non si faccia rivedere da Astreda.  I due innamorati dovranno attraversare molte prove prima di potersi riunire.

Rohmer nel suo ultimo film, che è anche una sorta di summa di tutto il suo cinema, ne fa l’adattamento ambientandolo in un contesto contemporaneo al romanzo: come nel XVII secolo si poteva immaginare una civiltà pastorale “gallica” che si fosse tramandata fino a quel momento. La sensualità della parola, dei corpi e del paesaggio risplendono in un’opera maggiore del suo autore, a torto sottovalutata.

“Se ho avuto voglia di adattare questo testo è perché naturalmente vi ho trovato numerosi motivi dei miei film precedenti. Per esempio il motivo centrale della fedeltà. Il tema è quasi una costante in Ma nuit chez Maud , Conte d’hiver, La Collectionneuse, ma anche in  Les Nuits de la pleine lune. La mia unica opera teatrale, Le trio en mi bémol, è costruito su una suspense analoga a quella de L’Astrée.  Vi si trova un personaggio che si ostina, in maniera altrettanto folle di Céladon, a non pronunciare la parola che da sola provocherebbe in risposta la frase che lui aspetta dalla sua amica. Perché questa frase deve venire solo da lei.” (Eric Rohmer)

CARMELO BENE – IN-VULNERABILITÀ D’ACHILLE (TRA SCILIO E ILIO)

(Italia, 1997, colore, 50’)

Di e con: Carmelo Bene

Messo in scena per la prima volta nel 1989 (il 26 luglio 1989 a Milano, Castello Sforzesco) e poi nel 1990 con il titolo Pentesilea la macchina attoriale-Attorialità della macchina, definiti momento 1 e momento 2 del “progetto ricerca achilleide”, Carmelo Bene crea per la tv nel 1997 questo mélange con testi di Omero, Stazio, von Kleist con un titolo diverso. È il punto di arrivo della sperimentazione della “macchina attoriale” e uno degli ultimi lavori di Bene, l’atmosfera è rarefatta, il bianco tenue pervade le scene e i costumi, donando un’atmosfera mortifera. Ogni gesto così come ogni suono, registrato detto o replicato, sono pezzi di una ricerca unica e geniale dell’arte attoriale del ‘900.

OTHON/GLI OCCHI NON VOGLIONO IN OGNI TEMPO CHIUDERSI O FORSE UN GIORNO ROMA SI PERMETTERA’ DI SCEGLIERE A SUA VOLTA

(Othon/Les youx ne veulent pas en tout temps se fermer ou peut-etre qu’un jour Rome se permettra de choisir à son tour, Italia-Francia, 1970, col., 16mm gonfiato a 35mm, dur., 85’, v.o. sott. it.)

Regia: Daniéle Huillet e Jean-Marie Straub

Con: Adriano Aprà, Anne Brumagne, Olimpia Carlisi, Jean-Marie Straub

Primo film girato in Italia da Huillet/Straub che da quel momento si stabiliranno a Roma per quasi quarant’anni. Filmato tra le rovine del Palatino lasciando intatta la visione della Roma contemporanea, il film rispetta la struttura in cinque atti della tragedia di Corneille, ogni rullo corrisponde ad un atto, al termine del quale gli attori escono dallo spazio dell’inquadratura lasciandolo vuoto.

“Non ho voluto andare oltre la storia; posso dire che non s’è ancora vista una tragedia in cui si maneggino tanti matrimoni per non concluderne nessuno. Sono intrighi di gabinetto, che si distruggono a videnza”. (Pierre Corneille)

“Othon ha grandi virtù, ma è essenzialmente uomo di corte, e sotto Nerone ha dovuto piegarsi e seguirne i vizi. Divenuto libero, aveva potuto seguire liberamente il proprio carattere.

“Nella tragedia di Corneille è veramente innamorato di Plautina; nella Storia aveva promesso al padre di lei, il console Vinio, di sposarla, se otteneva che Galba lo scegliesse per suo successore; e siccome si vide imperatore senza la sua opera…” (Jean-Marie Straub)

“Un divertimento e un’impresa. Recitavo senza capire bene la complessa trama. Non sapevo se ero innamorato di Camilla o di Plautina. Niente “psicologia”, insomma. Solo la cadenza, musicale, delle varie voci. Dagli Straub ho imparato il rigore, ma anche l’apertura al caso”. (Adriano Aprà)

 

Sabato    20  luglio    2024      RAI3    dalle     01.20     alle 06.30      (310’)

VICOLI BUI, INCUBI NERI. Tutti i colori del noir (1)

a cura di Paolo Luciani

“… la rivista LIFE, allora punto di riferimento della media borghesia, etichettò la tendenza come la profonda predilezione post-bellica di Hollywood per il dramma morboso. Stilisticamente questi film costituiscono uno dei periodi più ricchi del cinema americano. Dapprima film noir designò solo gli adattamenti dalla serie noir, una collana di tascabili nota sotto questo nome per la caratteristica copertina nera.   Come questi, il film noiraveva origine nella letteratura pre-bellica, ma delineava le realtà del crimine post-bellico.  Gli storici ed i sociologi non troveranno quasi nessun rapporto tra la mala descritta nei film noir  – non esattamente una classe, un gruppo o un ambiente – e gli avvenimenti che segnarono il crimine  americano dall’esecuzione di legale di Lepke Buchalter nel 1944 all’assassinio da gang di Bugs Malone.

Nessun criminale realmente esistito fu rappresentato in film americani da

LO STERMINATORE del 1945 a BABY FACE NELSON (FACCIA D’ANGELO, 1957), all’incirca il periodo di splendore del film noir: “…non sarà mai approvato nessun film che tratti della vita di un noto criminale di tempi recenti che usi il nome, il soprannome o altro di tale noto criminale nel film, né sarà approvato un film basato sulla vita di questo noto criminale a meno che il personaggio mostrato nel film non sia punito per i  crimini, parimenti mostrati nel film, da lui compiuti”

La logica alternativa al gangster – film maschilista e violento era il thriller psicologico, di solito centrato su una protagonista depravata. Il secondo tipo di film diventò una tendenza che esplose nel periodo post-bellico e fornì titoli di film noir.

Qualche osservatore straniero, come Ado Kyrou, vide in questa nuova esplosione di misoginia un’espressione del risentimento verso le donne, una reazione ai quattro anni di idealizzazione della guerra, durante i quali alle donne erano consentiti due soli ruoli, la moglie in attesa o la ragazza nubile che faceva la sua parte nel grande sforzo bellico.

Ma non c’era di più. La guerra e le sue conseguenze psicologiche contribuirono a rendere popolari la teoria ed il linguaggio freudiano. Un interesse crescente per la psicoanalisi fornì ai registi un nuovo approccio su tutto quello che il Codice reputava discutibile. Per trattare di argomenti proibiti la migliore cosa era far deviare il comportamento sessuale verso un comportamento criminale, che era più facile da giustificare agli occhi del Codice.

Secondo questa logica, un criminale che andava verso il suo destino poteva indulgere ad atti sessualmente illeciti, dato che comunque era predestinato e la punizione per un atto criminale implicava la punizione per un atto sessuale inaccettabile.

Prendiamo ad esempio un film noir minore, ma tipico, PERFIDO INGANNO (BORN TO KILL, 1947), in cui il motivo centrale era costituito dal desiderio frustrato della protagonista per un assassino e i personaggi secondari costituivano un campionario di depravazione.

… uno Studio di produzione più modesto come quello della RKO-Radio era disponibile alla sperimentazione delle aree scure per nascondere i limiti di un set modesto e per mascherarne la ripetitività. Il film noir venne più naturale alla RKO e le prime impressioni nere erano avvincenti nei primi film minori come LO SCONOSCIUTO DEL TERZO PIANO,  IL BACIO DELLA PANTERA, LA SETTIMA VITTIMA, cui il tema unificante sembra essere il terrore e l’ossessione.

(da Carlos Clarens GIUNGLE AMERICANE  1980)

 

LA SETTIMA VITTIMA

(The Seventh Victim, Usa 1943, bianco e nero, dur, 68′)

Regia: Mark Robson

Con: Tom Conway, Jean Brooks, Isabel Jewell, Kim Hunter, Hugh Beaumont

Una donna in cerca della sorella scomparsa si imbatte in   un culto satanico nel Greenwich Village di New York e scopre che potrebbero essere coinvolti nella sua scomparsa ed in una serie di altri delitti.

SCHIAVA DEL MALE

(Experiment Perilous, Usa 1944, bianco e nero, dur, 92′)

Regia: Jacques Tourneur

Con: Hedy Lamarr, George Brent, Paul Lukas, Albert Dekker, Carl Esmond

Nel 1903 il dottor Bailey incontra una strana anziana donna in treno, che lo colpisce con il racconto di una famiglia misteriosa con cui è in contatto… apprende poi che questa donna è morta in circostanze misteriose e decide di rintracciare la famiglia di cui gli ha parlato… qui incontra una donna bellissima che sembra sottomessa controvoglia ad un crudele marito… ma sarà veramente così?

LA DONNA DELLA SPIAGGIA

(Woman on the Beach, Usa 1947, bianco e nero, dur. 67′, versione originale con sottotitoli italiani)

Regia: Jean Renoir

Con: Joan Bennet, Robert Ryan. Charles Bickford, Nan Leslie, Glenn Vernon

Una guardia costiera  affetta da stress postbellico inizia una intrigante relazione con una bellissima ed enigmatica seduttrice, sposata ad un pittore divenuto cieco…

Travagliato ultimo film americano di Renoir, su cui su cui lo stesso regista e la produzione misero più volte le mani; rimane intatta l’ambigua trama dei rapporti tra i protagonisti con chiavi di lettura diverse ed articolate, con rimandi alle movenze ed alle potenzialità proprie dei classici del muto…

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