La programmazione di Fuori Orario dal 16 al 22 giugno

Il cinema di Franco Maresco passando per il suo amore cinefilo verso Howard Hawks e due puntate insieme a Julio Bressane. Da stanotte.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Domenica 16 giugno dalle 2:30 alle 6:00 

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Fuori Orario cose (mai) viste                                                     

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di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

NOSTALGIA DELL’ASSOLUTO. CARTA BIANCA A FRANCO MARESCO  (2)

a cura di Fulvio Baglivi

In occasione dell’omaggio che il Festival del Nuovo Cinema di Pesaro dedica all’opera di Franco Maresco, Fuori Orario affida due notti al regista di Io sono Tony Scott e La mafia non è più quella di una volta. Amico fin dalle origini della trasmissione di Rai 3 ideata da enrico ghezzi, Maresco presenta quattro film di cineasti simbolo del cinema americano del secolo scorso: John Ford, Orson Welles, Howard Hawks. Ancora una volta Maresco dichiara il suo amore per il cinema classico e la sua struggente nostalgia per un mondo che non esiste più.

FRANCO MARESCO – NOSTALGIA DELL’ASSOLUTO parte seconda

(Italia 2023, colore e b/n, dur., 10’)

A cura di: Fulvio Baglivi

Con: Franco Maresco

Franco Maresco presenta due film di Howard Hawks, immenso cineasta, fulcro del cinema del ‘900, amatissimo dal regista palermitano. Ancora una volta il cinema classico offre a Maresco l’occasione per parlare della sua visione pessimista e disperata del nostro presente, un mondo dove la bellezza, l’avventura, la ricerca di un cinema come quello di Hawks non trova ormai spazio né, soprattutto, senso.

LA COSA DA UN ALTRO MONDO          

(The Thing from Another World, USA, 1951, b/n, 82’)

Regia: Howard Hawks, Christian Nyby

Con: Kenneth Tobey, Margaret Sheridan, Robert Cornthwaite, Doglas Spencer, Dewey Martin, James Arness

Tratto dal racconto Who Goes There? Di John W. Campbell, sceneggiato da Charles Lederer e Ben Hecht, iniziato da Hawks che poi promosse a regista il suo montatore di fiducia, pur restando sempre sul set come supervisore. I membri di una spedizione scientifica americana nel Polo Nord scoprono in mezzo ai ghiacci i resti di un disco volante. Senza accorgersene riportano in vita un alieno ibernato nel ghiaccio e lo introducono nella loro base.  Il capitano, nonostante l’opinione contraria dei superiori, intende distruggerlo, ma si scontra con le capacità di difesa della “cosa” che si rigenera e si trasforma ogni volta grazie al sangue animale o umano.    La figura dello scienziato, ostinato fino alla “disumanità”, è di una modernità esemplare; la sua abnegazione, la sua volontà nel perseguire un risultato “positivo”, gettano un velo di dubbio sulla reale efficacia e umanità delle “magnifiche sorti e progressive”… Nel 1982 John Carpenter ne farà il remake, il capolavoro The Thing.

SUSANNA   

(Bringing Up Baby!, USA 1938, b/n, 97’, v.o. sottotitoli in italiano)

Regia: Howard Hawks

Con: Katharine Hepburn, Cary Grant, May Robson, Charles Ruggles.

Lo zoologo professor David Huxley, intento da anni alla ricostruzione di un brontosauro e vicino alla conclusione dell’impresa, il giorno prima di sposare la sua segretaria incontra causalmente l’ereditiera Susan, stravagante e capricciosa, che gli procurerà una lunga serie di guai fino a protrarlo all’inseguimento di un leopardo di nome Baby.

Ancora Cary Grant e Katharine Hepburn, dopo Sylvia Scarlett e subito prima di Incantesimo, altrettanti capolavori realizzati in un breve arco temporale, ovvero la guerra dei sessi vista in modo completamente diverso da due dei più grandi registi della commedia americana classica.

 

Venerdì 21 giugno dalle ore 1.30 alle 6.00

SCOPRITORE DI STELLE. OMAGGIO A JULIO BRESSANE (1)

a cura di Roberto Turigliatto

L’omaggio a Bressane è realizzato in collaborazione con la 60° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro che negli stessi giorni presenta gli ultimi due film del regista: Relâmpagos de críticas murmúrios metafísicos   (2024, prima mondiale) e  Leme do destino (2023, prima italiana)

AGONIA

(A Agonia, Brasile, 1976, col., 83’, v.o. sottotitoli italiani)

A Agonia, dove non a caso risuona la parola di Pessoa, è la più straordinaria e geniale opera mai realizzata da un regista come controcanto o “parodia” (nel senso greco del termine) a partire da un’altro film, esattamente Limite, di cui vengono “ricreati” i topos o le figure di linguaggio di alcune sequenze. Con “citazioni” anche di El Dorado di Marcel L’Herbier., di Pessoa, di musica popolare brasiliana, di Lima Barretto, di frasi di altri film…

Un assassino e una veggente si incontrano su una strada deserta. Lui al volante di una chevrolet, capelli corti, un ramo di alloro dietro l’orecchio. Lei camminando sull’asfalto, labbra fortemente truccate, vestito stampato e scarpe dello stesso colore del rossetto. Lui le offre un passaggio e dopo aver esitato un istante i due cominciano un insolito amore, un amore marginale, dove il tedio molte volte cede il posto alla tragedia, creando l’agonia di un giorno festivo trascorso nell’abisso. Agonia significa originariamente lottatore che lotta al limite delle sue forze.

«A Agonia non ha niente a che vedere con il film che avevo pensato di girare a Lisbona e non ho realizzato, ma c’erano segni, impronte, che restarono. Soprattutto il modo in cui nella mia testa avevo reinterpretato il testo di Pessoa. In un senso di humour, e con la dizione di Maria Gladys, la sua inflessione, quei dialoghi diventano una rilettura di Pessoa.  Dislocando in questa ironia, in questo humour, ciò che era già nel testo, ma che fino a quel momento non era percettibile. Dislocandolo in un’altra inflessione, un’inflessione popolare brasiliana, qualcosa venne fuori, fu stupendo.  Maria Gladys sorge lì come una novità (…) Nel film si tratta sempre di questa strada, Rua Aperana, vicino a casa mia, con  sette curve. Si chiama Sétimo Céu (settimo cielo). È il nome del Belvedere. Risale agli anni 30. La macchina che c’è nel film viene da una poesia di Pessoa, Chevrolet. Settimo cielo è il luogo di questo finale di A Agonia. Si vede Antena che corre, la luce inizia a spegnersi. Arriva la notte. L’idea era di fare qualcosa che non termina mai, in cui non c’è fine. (…) Il film non finisce, come se l’agonia continuasse. L’idea era che l’immagine scomparisse, è buio, si vedono solo i pantaloni bianchi , mentre corre nell’oscurità e diventa un’immagine astratta, perché non sa verso dove stia correndo” (Julio Bressane, dal volume a cura di Simona Fina e Roberto Turigliatto, Torino Film Festival, 2002)

IDEOGRAMA: LIMITE / FADA DA ORIENTE / AGONIA / ABISMU

prima visione italiana

(Brasile, 2023, col., 12’, v.o. senza dialoghi)

Regia: Julio Bressane

Montaggio: Julio Bressane, Rodrigo Lima

L’anno scorso Bressane ha realizzato un breve film di montaggio di 12 minuti: Ideograma: limite/fada do oriente/agonia/abismu, in cui quattro piani sequenza dei film citati nel titolo sono messi a confronto nella loro ripetizione trasgressiva per riflettere sul movimento “di velamento e disvelamento del cinema nei film”. Limite è stato in questo senso il film brasiliano fondatore, pur essendo rimasto a lungo “una cometa invisibile”, il film che “distingue e configura per la prima volta il proprio segno cinematografico. Il segno dell’io cinema”.  

LIMITE                                                  

(Brasile, 1931, b/n., dur., 113’”, muto)

Regia: Mário Peixoto

Con: Olga Breno, Taciana Rey, Raul Schnoor, Brutus Pedreira

Limite è il grande classico, il capolavoro del cinema brasiliano, restaurato in anni recenti dalla Film Foundation di Martin Scorsese. Nato nel 1908, tre anni dopo Jean Vigo, Mário Peixoto ha realizzato Limite a poco più di vent’anni, poco prima in un a viaggio a Parigi era venuto a conoscenza dell’avanguardia francese.

Un uomo e due donne alla deriva in una barca nell’oceano. I naufraghi hanno smesso di remare e sembrano rassegnati al loro destino. Uno dopo l’altro i tre raccontano la loro storia. Alla fine l’acqua penetra nella barca. Si scatena una tempesta. Nel mare calmo che ritorna c’è solo la prima donna appesa a un relitto. Lentamente l’immagine si dissolve in un mare di luce.

 «Limite radicalizza la formula di Gance: il cinema è la musica della luce. Un film geniale, che è nella tradizione dei film dell’avanguardia europea, ma che la supera di molto in modo selvaggio, la macchina da presa è di una secchezza, di un brutalismo sconvolgente». (Julio Bressane).

“Nel 1930 abbiamo Limite di Mario Peixoto. Inaugura una mentalità diversa e nuova. Dico che Limite è una mentalità nuova perché è già, da noi, arte allusiva, parodica o con la consapevolezza del passato del cinema. È già cinema del cinema, implica la creazione e ricreazione dell’immagine nel film cinematografico”. (Julio Bressane)

 

Sabato 22 giugno dalle ore 2.15 alle 7.00

SCOPRITORE DI STELLE. OMAGGIO A JULIO BRESSANE (2)

a cura di Roberto Turigliatto

IL LUNGO VIAGGIO DELL’AUTOBUS GIALLO       prima parte     prima visione italiana

(A Longa Viagem de Ônibus Amarelo, 2023, prima parte, 250’ circa, v.o. sottotitoli italiani

Regia e montaggio: Julio Bressane, Rodrigo Lima

La seconda parte del film andrà in onda nella notte di domenica 23 giugno.

Bressane ha incontrato il cinema fin dall’adolescenza, quando la madre gli regalò una macchina da presa. A Longa Viagem de Ônibus Amarelo, realizzato insieme a Rodrigo Lima, è un film straordinario e senza equivalenti, di oltre sette ore, che assimila, disloca, rimonta e organizza per leit motiv, brani di 58 titoli della sua stessa filmografia, compresi film familiari, realizzati tra il 1959 e il 2021, l’anno di  Capitu e o capitulo. Il film viene presentato a Fuori Orario in prima assoluta per l’Italia, e in connessione con Relâmpagos de críticas murmúrios metafísicos mostrato a Pesaro in prima mondiale. Non autobiografia ma Atlante al modo di Aby Warburg, e anche fantasmagoria della luce, fantasia musicale, come già era stato Rua Aperana 52. Il film ritrova anche le riprese fatte da Bressane durante il lungo viaggio in auto compiuto con Rosa Dias e Andrea Tonacci da Venezia a Katmandu, attraverso l’Afghanistan, nella seconda metà degli anni ’70. Così come le prime immagini girate da Bressane durante il suo viaggio con sua madre in Italia e a New York nel 1959.

«Il lungo viaggio dell’autobus giallo non è una riflessione sulla propria opera né un’autobiografia in forma di cinema, è una creatura a sé, che di quella mole di immagini si nutre per farsi altro. “La ricerca del film è il cinema stesso» – così lo presenta Bressane – «quello che ho provato a vedere in questi 58 film è cosa resta del cinema. Oggi sembra scomparso, le persone cercano storie, emozioni ma si dimenticano che la prima cosa in un film è la luce, il film stesso. Quello che ho provato a fare è organizzare 27 figure del linguaggio del cinema per mostrare l’invisibile che è rimasto in queste immagini. Oltre all’inconscio pulsionale, c’è un inconscio ottico che si attiva durante la visione. Il cinema permette, attraverso l’inquadratura e il particolare, di tirare fuori quello che vede l’inconscio. Come in Mnemosyne di Aby Warburg non c’è nessuna spiegazione, il film non vuole dire nulla, ogni singolo spettatore può farsi il suo viaggio e trovare la propria strada dentro quelle immagini.  (….)  È il film di un anonimo»,” Questo Lungo viaggio è un film che arriva da lontano, come racconta Rodrigo Lima, montatore e collaboratore di lungo corso che qui firma il film con Bressane: “Abbiamo cominciato a pensare a questo film nel 2006, mentre giravamo Cleopatra, poi man mano abbiamo cominciato a raccogliere i tanti film di Julio, all’inizio abbiamo caricato i vhs e i dvd di alcuni, poi, anni dopo, abbiamo caricato i file di altri, in seguito i film familiari di Julio e Rosa e solo poco tempo fa abbiamo avuto la possibilità di avere delle scannerizzazioni in alta qualità dei film e materiali che mancavano. Quando, allo scoppiare della pandemia, ci siamo ritrovati costretti in casa e con una situazione difficile nel nostro Paese, abbiamo cominciato a montare realmente queste circa 80 ore di filmati”.  (…)  In Bressane lo scienziato/filosofo incontra lo sciamano, Il lungo viaggio ha la sapienza del «tractatus» che chiede ancora una volta «che cos’è il cinema?» ma anche una forza cieca che riesce a evocare e far danzare insieme Nietzsche e Antonioni, Dioniso e Aby Warburg, Hitchcock e Pessoa. Se proprio ci è impossibile accettare che arrivino cose da altri mondi che difficilmente sono spiegabili e etichettabili dalla nostra supponente «ragioneria» europea, bisogna guardare al Carmelo Bene di Nostra Signora dei Turchi o al Traité de bave et d’éternité di Isidore Isou, film che partono dal desiderio di distruggere tutto, a partire da sé. «Non sono un uomo, sono dinamite» per dirla con Nietzsche e Bressane segue questo pensiero alla lettera e si fa esplodere come Pierrot le fou. » (Fulvio Baglivi, “Il Manifesto”   (9 aprile 2023)

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