La programmazione di Fuori Orario dal 29 settembre al 5 ottobre

Il ‘cineasta realista’ tra Godard e Rossellini, omaggi a Giuseppe Zigaina e ‘frammenti di discorsi amorosi’ con Jonas Mekas e Laurie Anderson. Da stanotte.

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Come utilizzare l’AI per l’insegnamento, corso online dal 4 ottobre

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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO DI SENTIERI SELVAGGI

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Domenica 29 settembre dalle 2.20 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

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KIM KI-DUK: LA MONOGRAFIA DEFINITIVA!

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COME SONO VERAMENTE LE COSE ovvero Il cineasta realista 

a cura di Lorenzo Esposito

LES CARABINIERS

(Id., Francia-Italia, b/n, 1963, 76’)

Regia: Jean-Luc Godard

Con: Marino Masé, Albert Juross, Geneviève Galéa, Catherine Ribeiro, Gérard Poirot

Ulysse e Michel-Ange ricevono una lettera del Re che chiede loro di andare in guerra. Partono con entusiasmo, attratti dai vantaggi che si presentano. Combattono e uccidono in ogni parte del mondo ma al ritorno avranno una “ricompensa reale” diversa da quella promessa. Una favola “brechtiana” che va oltre Brecht. Secondo Klaus Theweleit è “il miglior film di guerra che sia mai stato fatto. L’unico che mette in scena le categorie della guerra”, ovvero, secondo le parole dello scrittore Claude Ollier: “la rappresentazione de-drammatizzata della guerra, spogliata per una volta di tutti i suoi attributi gloriosi. Resta il furto, l’imbecillità, l’assassinio, la vergogna”.

Godard stesso si è richiamato a Brecht e nello stesso tempo ha rivendicato l’ascendenza rosselliniana del film, in riferimento soprattutto a La macchina ammazzacattivi e Dov’è la libertà?. Nel 1962 Rossellini aveva messo in scena  a teatro,  non senza scandalo,  la pièce antimilitarista di Beniamino Joppolo al Festival di Spoleto del 1962. Alla prima di Spoleto assistono François Truffaut e Jean Gruault, allora collaboratore di Rossellini per Vanina Vanini. Godard si dice interessato a farne un film, e Gruault registra al magnetofono una ventina di minuti in cui Rossellini racconta a distanza la pièce per Godard.  In questo consiste il ruolo di “sceneggiatore” di Rossellini. Nello stesso periodo Godard pensava anche a un adattamento cinematografico di Ubu Roi che poi non venne realizzato.

“Questo film è una favola, un apologo, dove il realismo serve soltanto a aiutare, a rafforzare l’immaginario. È per questo che l’azione e gli avvenimenti descritti possono essere situati dove si vuole, ovunque e insieme in nessun luogo (…) Analogamente i pochi personaggi non sono definiti né psicologicamente né moralmente e ancor meno sociologicamente. (…) Insomma, tutto, ambiente, personaggi, azioni, paesaggi, avventure, dialoghi, tutte queste cose non sono che idee e perciò verranno filmate nella maniera più semplice, e la macchina da presa sarà, per così dire, messa a nudo, in omaggio a Louis Lumière” (Jean-Luc Godard, 1962)

ANNO UNO

(Italia, 1974, col., 118’)

Regia: Roberto Rossellini

Interpreti: Luigi Vannucchi, Dominique DuarelRenato Montanari, Tino Bianchi

Nel ventennale della morte, dieci anni della vita di Alcide De Gasperi, dalla Resistenza alla morte nel paese natale, passando attraverso le tappe salienti dell’Italia del dopoguerra. Il film fu rifiutato dal pubblico e dalla critica. Fra le voci fuori dal coro Claudio G. Fava su “Il Corriere Mercantile”: «Abbastanza robusto e toccante, pur nella sua chiave prevalentemente ma non unicamente agiografica. Un ritratto predicatorio e stilizzato ma per nulla uggioso».

 

Venerdì 4 ottobre dalle 1.40  alle 6.00

ZIGAINA 100

a cura di Paolo Luciani

Nel centenario della nascita dell’artista friulano, fuori orario dedica una notte al suo lavoro, riprendendo il titolo che sta accompagnando da mesi una serie di manifestazioni in corso in tutta Italia.

Vogliamo ringraziare l’Archivio Zigaina ed Alessandra Zigaina e  Cinemazero di Pordenone

Giuseppe Zigaina nasce a Cervignano del Friuli il 2 aprile 1924, il padre è un falegname, la mamma una sarta. Da bambino, in un incidente perde il braccio destro, cosa che non gli impedisce di seguire la sua naturale attitudine al disegno e alla pittura. Nel 1942, per la prima volta, partecipa a Trieste ad una mostra collettiva; il suo lavoro, una natura morta con girasole reciso desta subito grande interesse critico. Nel 1946 incontra Pier Paolo Pasolini; ne nasce una profonda amicizia e  conoscenza che travalicherà la scomparsa del poeta. Sempre in quell’anno è la sua prima personale ad Udine. La pittura è ormai il suo lavoro e modo di esprimersi. Nel 1948 espone alla V Quadriennale di Roma alla Galleria d’arte moderna, partecipando alla prima grande mostra del dopoguerra, chiamata Rassegna Nazionale delle Arti figurative. La sua poetica risente della prossimità con il Movimento realista del quale concorre ad elaborare i principi teorici, poi con il Fronte nuovo delle arti; in più occasioni dichiara di appartenere alla corrente realista, ma non prende parte attiva nei raggruppamenti di artisti e avvoca costantemente a sé la propria autonomia. Partecipa attivamente a manifestazioni popolari: la durezza del lavoro di operai e contadini del suo Friuli diventano soggetto di quadri anche di grandi dimensioni. Dagli anni ’50 inizia la sua presenza in esposizioni fuori dall’Italia: Parigi, Londra, Stoccolma, Oslo, New York, ecc. La critica – Argan, De Grada, De Micheli, Apollonio – accompagna sempre più i suoi lavori. Nel 1955 Pasolini dedica all’amico il poemetto QUADRI FRIULANI che troverà posto nel 1957nel volume LE CENERI DI GRAMSCI. Nel 1956, come molti altri artisti e intellettuali democratici, è profondamente turbato dalla invasione sovietica dell’Ungheria ed è in questo periodo che conosce l’editore Giangiacomo Feltrinelli. Nel decennio degli anni ‘60 prendono forma opere di grande dimensione, la serie dei GENERALI di forte segno antimilitarista, le CEPPAIE e i BAMBINI, opere sempre più visionarie che segnano il suo passaggio ad un personalissimo informale. Continua ad esporre in Italia e all’estero: Melbourne, Madrid, Beirut, Teheran, San Paolo, mentre sviluppa sempre di più la sua attività incisoria di acqueforti su zinco, anche per l’editoria specializzata. Le tensioni che attraversano la fine degli anni ‘60 trovano espressione nelle sue opere che confermano la contaminazione tra eventi storici e la loro sublimazione in un intreccio tra sogno e dramma della realtà: tronchi, salici, radici espiantate, argini, canali,  teste di capra, uccelli tra l’erba, imponenti farfalle…Nel 1969 con Pasolini partecipa ai sopralluoghi nella laguna di Grado per il film MEDEA, mentre riveste una parte nel film DECAMERON. Quando il 2 novembre 1975 Pasolini viene ucciso, Zigaina è chiamato a far parte del comitato promotore degli studi pasoliniani di Casarsa, insieme a Giulio Einaudi, Luciano Erba, padre David Maria Turoldo, Andrea Zanzotto, Angelo Romanò. Nel 1978 cura un volume e la mostra dedicata ai disegni di Pier Paolo Pasolini. Negli anni a seguire sono continue le sue partecipazioni a mostre e personali in tutti i musei del mondo, così come le collaborazioni con allestimenti teatrali ed operistici.  Zigaina  non abbandonerà mai la sua casa-studio di Cervignano; una scelta meditata e consapevole, troppo forte il legame con la sua terra, interpretata e trasfigurata in tutte le sue opere -bozzetti, disegni, incisioni, quadri- chiave di lettura degli stati profondi del suo animo come per la comprensione della realtà. Nel 1980 dà alle stampe PASOLINI E LA MORTE, saggio dove sostiene, avvalorato non solo dalla sua amicizia con il poeta, ma anche dalla rilettura di tutta la sua opera -poetica, saggistica, teatrale, cinematografica- come la morte di Pasolini sia una vera e propria messa  in scena rituale, organizzata e costruita dal poeta  fin dagli anni dell’abbandono dal suo amato Friuli. Tesi che crea un grande dibattito e numerose  polemiche, ma che sarà via via approfondita da studiosi e storici. Giuseppe Zigaina scompare il 16 aprile del 2015.

LA MIA IDEA DEL DIPINGERE

(Italia 2001-2024, colore  dur. 38’)

Regia: Francesco Bortolini

“Il regista e giornalista Franceso Bortolini conobbe Giuseppe Zigaina nell’autunno del 1976, mentre si trovava in Friuli per realizzare per Rai De il film IL SOGNO DI UNA COSA, documentario dedicato agli anni friulani di Pier Paolo Pasolini. Il pittore Zigaina venne intervistato insieme ad alcuni protagonisti di quelle vicende. In quell’occasione l’artista volle mostrare al regista un suo filmato in 16 millimetri, realizzato nel 1953: PRIMO MAGGIO A CERVIGNANO. Queste immagini piacquero molto a Bortolini, che ne utilizzò diverse a colori ne IL SOGNO DI UNA  COSA, andato in onda nel novembre di quell’anno nell’anniversario della morte del poeta. Da quel momento tra Zigaina e Bortolini si stabilì una sincera amicizia. Rientrato ad Agordo nel bellunese dopo la pensione, Bortolini, nell’autunno del 2001 effettuò con una piccola troupe le riprese per un ritratto filmato dell’amico Zigaina, progetto che per mancanza di risorse non riuscì a completare. Fortunatamente questo prezioso materiale, di cui si erano perdute le tracce, ricomparve allorché una parente residente a Pordenone – Franca Errani, moglie del fratello Giancarlo Bortolini – consegnò a Piero Colussi un hard disk dal contenuto ignoto, ritrovato nella casa di Agordo fra gli oggetti appartenuti al regista. La sorpresa fu enorme nel constatare che si trattava di riprese della laguna di Grado e dei luoghi cui era legato Giuseppe Zigaina, il quale, sollecitato da Bortolini, vi racconta le tante vicende della sua vita: l’infanzia, la famiglia d’origine, la decisione di restare in Friuli, il suo percorso d’artista, i vari periodi della sua pittura, il rapporto con il neorealismo e con gli intellettuali della sua epoca, l’amicizia profonda con Pasolini che aveva conosciuto ad Udine nell’immediato dopoguerra. Un ritratto inedito che ha per scenario la casa di Cervignano, lo studio dove Zigaina dipinge e scrive, il magnifico parco. Il materiale non montato definitivamente attendeva solo di essere disposto nell’ordine cronologico pensato dal regista. Quale occasione migliore del centenario della nascita del pittore per portare a termine il film voluto dal suo amico Francesco Bortolini?”

(dalla presentazione del film in occasione della proiezione dell’8 settembre 2024     al Teatro Miela di Trieste)

PRIMO MAGGIO A CERVIGNANO

(Italia 1953-1980  bianco e nero e colore  dur. 28′)

di Giuseppe Zigaina con la collaborazione dei braccianti, dei contadini e degli operai del mandamento di Cervignano.

un programma Rai sede regionale del Friuli a cura di Lilla Cepak; riprese integrative Gianni Alberto Vitrotti; montaggio Carlo Rudez; testi Paolo Gaspari;

si ringrazia Aldo Bulatti per le riprese di repertorio sul lavoro in Friuli nell’immediato dopoguerra.

Nel 1953 Giuseppe Zigaina documenta con una 16 millimetri la Festa del Primo Maggio a Cervignano. È un documento storico eccezionale, con i cortei, le bandiere rosse, i camion, i carri e i trattori stracolmi di manifestanti ed il corteo chiuso dalle bandiere delle quattro nazioni garanti degli accordi pace: Urss, Usa, Inghilterra, Francia. Le riprese originali a colori, presentano un rimando stilistico evidente al grande cinema sovietico. Nel 1980 la sede Rai di Trieste realizza una edizione con riprese, interviste e testi aggiuntivi; vi sono infatti materiali in bianco e nero e testi che ricostruiscono la drammatica realtà lavorativa del dopoguerra tra emigrazione e lotte sociali, insieme ad alcune interviste con protagonisti delle lotte politiche e sindacali di quegli anni, in particolare relative alla pratica dello “sciopero alla rovescia”. In attesa di un prossimo restauro del materiale filmato da Zigaina, presentiamo questa versione che fino ad oggi è stata trasmessa negli ambiti televisivi i più diversi.

Estratto da DURER IN ITALIA  di Enrico Colosimo  1972   b/n  dur. 3’

Giuseppe Zigaina ed l’influenza che il pittore e matematico tedesco ha avuto sul suo lavoro di  incisore

Estratto da RICORDO DI MARCELLO MASCHERINI di Mario Licalsi  1983 colore dur.15’

Mascherini, scultore e scenografo,  tra i primi a capire il valore di Zigaina e a fornirgli i primi elementi da incisore. In occasione della sa scomparsa, Zigaina il lavoro di Mascherini negli studi Rai di Trieste

VISTI DA VICINO – GIUSEPPE ZIGAINA

Dipartimento Scuola Educazione – Incontri con l’arte contemporanea

(Italia 1979  colore  dur. 27’)

un programma di Renzo Bertoni; regia di Franco Marotta

A Cervignano, nella sua casa laboratorio, Zigaina insieme al critico e storico dell’arte Mario De Micheli, ricostruisce la sua vicenda artistica di pittore ed incisore: dal realismo del dopoguerra al suo personalissimo approccio all’informale, così pregno di tutte le manifestazioni della sua terra. Forse il migliore tra i documenti critici filmati che la Rai ha dedicato al Maestro.

IL FORTE E IL DEBOLE 

(Italia 1979  colore  dur. 30′)

Un programma della sede regionale del Friuli a cura di Lilla Cepak e Fabio Malus; conduce Margherita Hack, con Giuseppe ed Alessandra Zigaina

La scienziata Hack partecipò direttamente, qui in veste di conduttrice/intervistatrice, ai primi anni televisivi della sede triestina della Rai.

In questo programma mette a confronto un padre già affermato artista internazionalmente riconosciuto, con la sua giovane figlia; ne nascono momenti ironici, tipici di un naturale confronto generazionale, ma anche acute letture degli anni ‘80 alle porte.

IL SOGNO DI UNA COSA 1943/1949 Pasolini in Friuli

(Italia 1976  colore durata  46′)

Regia: Francesco Bortolini

Il film, il primo in ordine di tempo che torna ad occuparsi di Pasolini dopo la sua tragica morte ricostruisce gli anni friulani del poeta. Anche con testimonianze di prima mano abbiamo il ritratto commosso di un giovane insenante di scuola media non conformista; i suoi ex studenti, rintracciati da Bortolini, ricordano le sue lezioni dove potevano alternarsi le letture di poeti non ancora famosi, come Quasimodo e Montale, alla lettura degli spiritual neri, con Verga sempre preferito al Manzoni. Ma di Pasolini viene sottolineata anche la sua militanza politica, capace di esprimersi anche con il dialetto friulano, insieme alla sua grande vitalità con il calcio ed il ballo in balera. Questa grande vitalità sarà sconvolta dalle accuse, poi rivelatesi infondate, di atti osceni con un suo studente. Tanto basterà al Partito Comunista di Udine per espellere dalle sue fila Pasolini, che pure era stato segretario di sezione di un piccolo paese, dove aveva per anni condotto una scuola di partito in cui  aveva accostato Freud e Gramsci ai classici Marx e Lenin. Nel 1949 Pasolini, insieme alla madre, lascerà per sempre il Friuli alla volta di Roma, costretto a reinventare la sua vita. L’ultima intervista de IL SOGNO DI UNA COSA è a Giuseppe Zigaina, che sottolinea come il poeta, da allora in poi, abbia sempre cercato di ricostruire il suo Friuli amato.

 

Sabato 5 ottobre dalle 0.55 alle 7.00

FRAMMENTI DI DISCORSI AMOROSI (2) 

a cura di Fulvio Baglivi Roberto Turigliatto

AS I WAS MOVING AHEAD OCCASIONALLY I SAW BRIEF GLIMPSES OF BEAUTY

Seconda parte

(USA, 2000, col., durata: seconda parte 143′, v.o. sott., it.)

Regia: Jonas Mekas

Con: Jonas Mekas, Hollis Melton, Oona e Sebastian Mekas. E con Nam June Pik, Hllis Framton, Georges Maciunas, Peter Kubeka, Stan Brakhage, P. Adam Sitney.

Copia restaurata nel 2022 dal Lithuanian Film Center in collaborazione con Lithuanian Culture Institute

 «I miei film-diario dal 1970 al 1999. Coprono il mio matrimonio, i bambini sono nati, li si vede crescere. Spezzoni di vita quotidiana, frammenti di felicità e bellezza, viaggi in Francia, Italia, Spagna, Austria. Stagioni dell’anno che attraversano New York. Amici, vita in casa, natura, ricerca incessante di momenti di bellezza e celebrazione della vita – amicizie, sensazioni, brevi momenti di felicità, bellezza. Niente di straordinario, niente di speciale, cose che proviamo tutti durante le nostre vite. Ci sono molte didascalie che riflettono i miei pensieri del periodo. La colonna sonora consiste in musica e suoni registrati per lo più nello stesso periodo da cui provengono le immagini. Qualche volta parlo sul mio registratore, mentre monto queste immagini, adesso, a distanza di tempo. Il film è anche la mia poesia d’amore per New York, le sue estati, i suoi inverni, le strade, i parchi. È il film Dogma definitivo, prima della nascita di Dogma». (Jonas Mekas)

Il film-diario più lungo di Jonas Mekas, il capolavoro che l’autore ci ha regalato alla soglia dei suoi 80 anni.  «Il titolo, corroborato dai numerosi commenti sparsi in voice over, insiste sul concetto che il continuo scorrere della vita sia irradiato da flash di euforia, “un’epifania dietro l’altra”, per esprimersi con David James a proposito dello stile di Mekas.(…) L’insistenza sulla gravità di questi momenti descrive non solo il marchio della sua regia ma insinua anche che le illuminazioni di bellezza e felicità si stagliano su uno sfondo di angoscia protratta.  Nel corso della sua carriera Mekas ha accumulato con cura immagini di sé stesso. Più volte ha messo la macchina da presa su un cavalletto per scattare un ritratto formale. Gli ultimi minuti di As I Was Moving Ahead… sono così carichi di questi autoritratti che la loro frequenza annuncia l’imminente conclusione del lungo lavoro. Dopo l’ultima delle tre apparizioni della didascalia “in quel momento mi sono ricordato di ogni cosa, a frammenti” –ha inserito un brevissimo scorcio del battesimo di Una Abraham (la prima scena con titolo, nel Capitolo Uno), segnalando che l’arco della memoria abbraccia tutto il film (…)».  (P. Adam Sitney)

HEART OF A DOG                                    

(USA, 2015, col., dur., 75’, v.o. sott. it.)

Regia: Laurie Anderson

Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 2015

Film-saggio autobiografico, Heart of a Dog è un racconto personale dell’artista che esplora i temi dell’amore, della morte e del linguaggio. La voce della regista è una presenza costante mentre, in un canto senza soluzione di continuità, si snodano, come in una corrente, la e storie del suo cane Lolabelle e di sua madre, le fantasie dell’infanzia, oltre a teorie filosofiche e politiche. Il linguaggio visivo spazia tra animazione, film in  8 mm. Dell’infanzia dell’artista, immagini stratificate e grafica in movimento ad alta velocità. La musica, firmata dalla regista, percorre tutto il film con brani per violino solista, quartetti, canzoni ed elettronica ambient.

“Come artista ho fatto musica, dipinti, installazioni, scultura e teatro. Ma sono soprattutto una narratrice. Fare Heart of a Dog mi ha permesso di tradurre la mia opera in una forma che non avevo mai utilizzato in  questo modo. Benché io abbia spesso usato immagini su schermi multipli in una performance multimediali, questa è la prima volta che cerco di collegare le storie in un film narrativo a struttura libera., ricorrendo a immagini e animazione per finire le frasi. La questione al centro di Heart of a Dog è: che cosa sono le storie? Come sono fatte e come sono raccontate? Dall’inizio alla fine mi ha guidato lo spirito di David Foster Wallace, il cui “ogni storia d’amore è una storia di fantasmi” è stato il mio mantra. Altre guide sono state per me Wittgenstein e Kierkegaard”. (Laurie Anderson, dal catalogo della Mostra del Cinema di Venezia)

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