La programmazione di Fuori Orario dal 6 al 12 ottobre

Varda, Serra, Puiu, De Bernardi, Straub e Cottafavi nelle tre puntate dedicate all’antropologia del corpo attoriale, l’odore del tempo e al centenario della morte di Joseph Conrad.

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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO DI SENTIERI SELVAGGI

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Domenica 6 ottobre dalle 2.20 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

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KIM KI-DUK: LA MONOGRAFIA DEFINITIVA!

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ANTROPOLOGIA COME MACCHINA ATTORIALE

a cura di Fulvio Baglivi

VISAGES VILLAGES                                    

(Francia, 2017, col., dur., 89’,v.o.sott., it)

Regia: Agnès Varda, JR

La cineasta  Agnès Varda e l’artista e fotografo  JR attraversano la Francia rurale dal nord di Parigi fino al porto di Le Havre per conoscere storie di gente comune . In ciascun luogo visitato JR creerà giganteschi ritratti in bianco e nero degli abitanti che andranno a ricoprire case, fienili, facciate di negozi, ogni superficie libera in una sorta di galleria fotografica all’aperto.  Lontano dalle città, hanno viaggiato sul furgone fotografico (e magico) di JR. In circostanze più o meno casuali hanno incontrato tante persone, le hanno ascoltate e fotografate, hanno ingrandito ed esposto i loro ritratti.  “È una ricognizione della Francia rurale, e le immagini che affiorano sono giocose, spettrali e belle e commoventi: Andy Warhol incrocia Walker Evans. Visages Villages lancia un potente messaggio sul tipo di società che stiamo diventando”. (Owen Gleiberman).

“JR è venuto a trovarmi nel mio atelier, io sono andata nel suo, abbiamo capito subito che avremmo lavorato insieme. Il nostro è stato un colpo di fulmine professionale, tutti e due condividevamo il desiderio di valorizzare quelle persone che rimangono invisibili, a cui invece abbiamo cercato di dare la parola in una condizione di parità. (…) Tutti hanno capacità di immaginazione e di invenzione. Tra coloro che abbiamo filmato alcuni hanno detto cose magnifiche, penso all’operaio che incontriamo l’ultimo giorno di lavoro, e di fronte alla pensione si sente come sull’orlo di un precipizio. Le sue parole sfuggono a qualsiasi schema di sociologia politica.  (…) Mi piace molto il principio delle fotografie giganti ed effimere.  Proponiamo alla gente qualcosa che non è destinato a restare. Ed è un bene, perché non installiamo l’arte come qualcosa di ufficiale, che occorre rispettare. Il cinema ha la qualità di essere effimero. E poi questa energia buffa, questa maniera di rapportarsi all’età scherzando, mi ha aiutato molto a superare la boa della vecchiaia, un passaggio che viene considerato delicato, e che eppure mi piace”. (Agnès Varda)

ELETTRA

(1987, col., video da 16mm, dur., 95′

Regia: Tonino De Bernardi

Con: Anna Coppo, Cristina Crovella, Luciana Pasin, Rosetta Rej, Stefania Terzuolo

A partire dalla tragedia di Sofocle Tonino De Bernardi gira il suo primo lungometraggio con una produzione “ufficiale”, la Rai Piemonte, che è un’opera corale che unisce la tragedia greca, il mondo contadino e l’underground.

«Ecco un altro modo di far incontrare cinema e letteratura, quello di Tonino De Bernardi e della sua Elettra, che ha girato ora per la Terza Rete regionale il suo primo lungometraggio “professionale”. Ma restando con l’occhio e con lo spirito a Casalborgone, provincia di Torino, e trovando qui, tra campi e colline, il suo Sofocle. La reggia degli Atridi è una cascina con stalla e fienile, Elettra spannocchia il granturco, Egisto gioca a bocce con gli amici e balla la mazurka con Clitennestra. Le battute sono quelle della tragedia, dette con impegno e con pesante accento piemontese da contadini, donne con la borsa della spesa, bottegai. Sembrerebbe un’operazione tutta di testa, tributaria da un lato del cinema di Straub e dall’altro del teatro “artigiano” o contadino degli anni ’70 e invece tutto funziona perfettamente e sembra naturalissimo, con un incanto che vien da definire magico.

Perché non basta dirsi che quello di Elettra è, come molti altri dell’antica Grecia, un mito contadino che qui ritroverebbe la sua matrice. La bellezza del film di De Bernardi è la bellezza del vero cinema, quando supera la “letteratura” e incontra la poesia». (A. Farassino, “la Repubblica”, 23 ottobre 1987)

 

Venerdì 11 ottobre dalle 1.40 alle 6.00

L’ODORE DEL TEMPO

a cura di Fulvio Baglivi

LA FRANCE CONTRE LES ROBOTS                     

(Svizzera 2020, col., dur., 10′, v.o. sott. it.)

Regia: Jean-Marie Straub

Con: Christophe Clavert

Il film più recente di Straub. All’inizio del film dedica scritta a mano dall’autore: a Jean-Luc.

“Al crepuscolo un uomo cammina da solo sulla riva di un lago e la macchina da presa (di Renato Berta) lo segue.  Poi esce dal silenzio e inizia un monologo, il testo è il primo capitolo di La France contre les robots di Georges Bernanos (scritto in Brasile nel 1944), la diagnosi che fin dal 1944 Georges Bernanos aveva fatto del mondo attuale e del “sistema” che lo regge.  La macchina da presa, leggermente indietro rispetto al camminatore, finirà per raggiungerlo e oltrepassarlo per farci vedere il suo volto?

Bernanos aveva già ispirato Dialogue d’ombres, mandato in onda più volte da Fuori Orario, realizzato da Straub nel 2005 ma che risale a un progetto ideato con Danièle Huillet nel 1954.

MALMKROG

(id., Ungheria-Francia-Russia-Germania, 2020, col., dur., 193′, v. o sott. it.)

Regia: Christi Puiu

Con: Frédéric Schulz-Richard; Agathe Bosch, Marina Palii, Diana Sakalauskaité, Ugo Broussot, István Téglás, Zoe Puiu

Presentato alla Berlinale nel 2020 nella sezione Encounters dove ha vinto il premio per la miglior regia e al Festival di Trieste in prima italiana.

Il penultimo film del grande regista rumeno è tratto dall’opera I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, (conosciuto anche come Dialoghi sulla guerra, la morale e la religione) dello scrittore russo Vladimir Sergeevič Soloviev (1853-1900), pubblicata nel 1899. Autore di numerose opere, Soloviev è stato filosofo, teologo, poeta, critico letterario, amico di Dostoevskij, e forse perfino ispiratore del personaggio di Ivan Karamazov.

Puiu, che aveva già messo in scena il testo in un atelier a Tolosa, lascia intatta la forma dialogica, ovvero il confronto di cinque personaggi appartenenti all’aristocrazia o all’alta borghesia dell’Europa ottocentesca che dialogano in francese all’interno della grande magione di un anziano possidente, in un luogo che potrebbe essere la Transilvania.

I temi dei lunghi dialoghi – cadenzati dai rituali dei pranzi, e delle cene, dei te e dei brandy sono la natura del Cristo, il problema del male, la Resurrezione della carne, la libertà e la possibilità di salvezza, l’idea di Europa e la guerra, la Russia e la religione universale, e, infine, Il racconto dell’Anticristo, l’Apocalisse. Su tutto sembra già incombere la catastrofe dell’Europa del nuovo secolo che verrà.

Il film è caratterizzato da un’attenzione formale e un senso della messa in scena non comuni nel cinema contemporaneo, con la macchina da presa che si muove e disegna geometrie seguendo i cambiamenti di visione e “posizione” (storica, politica, morale) dei dialoghi, e creando anche delle discrepanze cronologiche. Fino al di punto di rottura.

 

Sabato 13 ottobre dalle 0.50  alle 7.00

LA VOCE DELL’INCONOSCIBILE. 100 ANNI (SENZA) JOSEPH CONRAD

  1. Demoni, tenebre, ossessioni

a cura di Lorenzo Esposito

Scomparso il 3 agosto 1924, poco più di un secolo fa, Joseph Conrad si è rivelato nel corso degli anni uno scrittore altamente cinematografico. L’oscura e avvincente ambiguità dei suoi personaggi, nonché la sua tensione visionaria e quasi folle verso l’avventura, viene rielaborata da alcuni grandi cineasti interessati alla linea d’ombra dell’immagine: Francis Coppola, Vittorio Cottafavi, Albert Serra, Giorgio Moser, Nicholas Roeg solo per citarne alcuni. “Fuori Orario” prova in queste notti a tuffarsi nella mareggiata di questo lascito imponente di abissi, idee e visioni

PACIFICTION – UN MONDO SOMMERSO             

(Pacifiction – Tourments sur les îles, Spagna-Francia-Germania-Portogallo, 2022, col., 159’, v.o. sott. it.)

Regia: Albert Serra

Con: Benoît Magimel, Patricia Manhagafanau, Marc Susini, Matahi Pambrun, Alexandre Mello, Montse Triola, Lluis Serra, Sergi Lopez

L’idea di partenza è venuta a Albert Serra dalla lettura del libro dell’attrice polinesiana Tarita Tériipia, terza moglie di Marlon Brando. Il film è stato girato a Tahiti nel periodo della pandemia, è stato in concorso a Cannes nel 2022, e successivamente ha vinto numerosi premi anche per il protagonista Benoit Magimel e il direttore della fotografia Artur Tort.  Per la rivista “Cahiers du Cinéma” è il miglior film del 2022.

Nell’isola di Tahiti, nella Polinesia francese, l’Alto Commissario De Roller, rappresentante dello Stato francese, svolge il suo ruolo ufficiale con maniere compiaciute e scrupolose, cercando di tenere sotto controllo la popolazione locale e i diversi interessi in gioco. Gestisce affari e relazioni politiche muovendosi in modo elegante e distaccato tra incontri, ricevimenti ufficiali, feste in discoteca, discussioni con attivisti locali. Ha i suoi informatori, come la ex receptionist e ora sua assistente, la transgender Shannah.  Su tutto incombe l’ombra di una manipolazione al servizio di potenze straniere e il sospetto di una ripresa degli esperimenti atomici francesi: di notte un sottomarino è stato avvistato.  La paranoia complottista, l’imminenza di una catastrofe indecifrabile, conferiscono al vagare senza direzione di De Roller un senso di   sospensione, di deriva senza fondo. Il locale “Paradise”, con i suoi personaggi eterogenei, indecifrabili e variopinti, è il luogo in cui sembrano incrociarsi tutti gli intrighi, tutte le “finzioni” brulicanti del film.

“L’Alto commissario non appartiene ad alcuna mitologia ma è tuttavia una specie di figura iconica. Il nome “De Roller” evoca diversi territori, l’Europa, la borghesia, il potere… E nello stesso tempo ha qualcosa di enigmatico. (…) In un certo senso nel film tutti i clichés vengono evitati, tranne i clichés visivi! Palme, onde, costumi locali, galli… Non manca nulla, come nei Gauguin dedicati a Tahiti. Ma quello che mi interessa è mettere insieme tutta  questa tavolozza per poi farla uscire dalla dimensione di cartolina statica, e di mescolare il lato lezioso con un altro, che si impone di per sé: quello del paradiso perduto e crepuscolare. Certo, con queste immagini, è molto facile esagerare e finire in eccessi barocchi. Ma mi sembrava interessante trovare un equilibrio per mettere insieme queste due idee – la cartolina piacevole, accogliente, e la nostalgia del paradiso perduto – perché Tahiti è prigioniera di un ‘ambiguità. Il dominio coloniale è ancora lì senza esserci; almeno, da quella prospettiva non si capisce se la Francia delle colonie faccia parte del presente o del passato. (…)  Oggi l’immaginario locale è colonizzato dall’America. Avevo in testa dei  thriller seventies come Perché un assassino o Chinatown.  Il cospirazionismo attuale ricorda il clima degli anni Settanta. La differenza è che in quell’epoca la paranoia era attenuata dal fatto di credere in qualcosa; si attaccava il potere in nome di un’utopia. Oggi non c’è più una controcultura che si oppone ai potenti. Perfino l’utopia borghese è morta! La paranoia contemporanea non è nemmeno triste: la tristezza sarebbe ancora una forma di umanesimo. Pacifiction descrive uno stadio in cui questo tipo di sentimenti non è più possibile, perché il concetto stesso di fine non ha più senso.  (…) Il mondo come vasto impero coloniale è molto ben definito. In effetti, come il neo-colonialismo che sperimentiamo nella realtà, il sistema disumanizzato che descrivo non affonda più per davvero: è preso in una caduta infinita, sprofonda ‘come in una spirale’ senza la prospettiva di toccare il fondo” (Albert Serra, intervista ai “Cahiers du Cinéma” n. 792, novembre 2022)

L’INACCERTABILITA’ DEI FATTI: JOSEPH CONRAD FUORI ORARIO (prima parte)

(a cura di Lorenzo Esposito, durata 45’ circa)

Montaggio di percorsi conradiani dagli archivi Rai. Dacia Maraini parla di “Cuore di tenebra”. La trasmissione “Settimo giorno” si concentra sul mondo di Conrad per celebrare l’uscita italiana dei tre volumi dedicati al grande scrittore di origini polacche dall’editore Mursia nel 1976. La Rai produce alcuni sceneggiati tratti da opere conradiane come “L’agente segreto” e “Il corsaro”.

CON GLI OCCHI DELL’OCCIDENTE (prima puntata)

(Italia, 1979, col., prima puntata, durata 70’’)

Regia: Vittorio Cottafavi
Con: Gerardo Amato, Raoul Grasselli, Franco Branciaroli, Augusto Esposito, Gianni Rubens, Daniele Pagani, Giancarlo Fantini, Anna Carena, Grete Nais

Con gli occhi dell’Occidente è tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Conrad con cui il grande scrittore cercava, insieme al precedente L’agente segreto, di raccontare le catene della colpa del dispotismo europeo.

L’azione ha inizio nella russa zarista quando un giorno, rientrando a casa, il giovane studioso  Razumov scopre che un suo compagno di studi, Victor Haldin, si nasconde nel suo appartamento. Accusato di essere un terrorista anarchico, Victor chiede a Razumov di raggiungere un suo contatto che dovrebbe aiutarlo a fuggire. Razumov, impaurito, collabora ma quando incontra l’uomo che dovrebbe salvare Victor e lo trova completamente ubriaco perde la testa: lo percuote con forza e, lasciatolo, va a denunciare Victor, che verrà catturato e giustiziato.

A questo punto, la narrazione si sposta a Ginevra, dove Nathalie, la sorella di Victor, riceve la tragica notizia della morte del fratello. Nelle sue ultime missive alla sorella, Victor aveva parlato proprio di un amico  – Razumov – che si era comportato in modo gentile nei suoi confronti. La donna riesce a sapere che Razumov ha previsto di recarsi in Svizzera, e ne attende l’arrivo con ansia, pensandolo un caro amico del suo defunto fratello. Gli ‘occhi dell’Occidente’ sono quelli, imparziali, di un anziano professore di inglese che vive a Ginevra e che entra in contatto con i fuoriusciti dalla Russia zarista raccontando la loro storia.

Riportiamo qui la testimonianza diretta di Cottafavi tratta dal volume Ai poeti non si spara. Vittorio Cottafavi tra cinema e televisione a cura di A. Aprà, G. Bursi e S. Starace: “[…] In questo romanzo Conrad appare rappresentato dal narratore, il professore inglese di Ginevra, che interviene nella storia, che pensa, valuta e parla a nome dell’autore. Questo ha facilitato il mio lavoro di adattamento. Lo ha facilitato anche il fatto che sia una storia, diciamo, sotto l’egida di Dostoevskij. Conrad detestava Dostoevskij, lo considerava uno scrittore di pessimo gusto, un megalomane sfrenato. Però finì per esserne influenzato perché è ovvio che c’è un delitto e un castigo dietro queste pagine. Decisi di farlo anche perché trovai l’attore giusto. Lavori di questo tipo non si possono fare con un attore qualunque. Qui serviva un attore che avesse dentro di sé una grande carica emotiva, una grande capacità di rappresentazione, perché l’intera sotria si regge sul personaggio; se l’attore non ci fosse riuscito, il lavoro sarebbe stato un fiasco. Qui avevo questo attore, Franco Branciaroli – che in I Persiani era Serse -, che a mio parere ha dato un’interpretazione eccezionale. Non solo è un grande attore, ma dispone anche di un’ampia gamma di qualità. È un po’ l’Enrico Maria Salerno che io scoprii tanti anni fa, lo rivedo oggi in lui […]”.

L’INACCERTABILITA’ DEI FATTI: JOSEPH CONRAD FUORI ORARIO (Seconda parte)

(a cura di Lorenzo Esposito, durata 45’ circa)

Montaggio di percorsi conradiani dagli archivi Rai. Dacia Maraini parla di “Cuore di tenebra”. La trasmissione “Settimo giorno” si concentra sul mondo di Conrad per celebrare l’uscita italiana dei tre volumi dedicati al grande scrittore di origini polacche dall’editore Mursia nel 1976. La Rai produce alcuni sceneggiati tratti da opere conradiane come “L’agente segreto” e “Il corsaro”.

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