La programmazione di Fuori Orario dal 7 al 13 luglio

Agustina Bessa Luís e Manoel de Oliveira e il ‘continente nero’ con Ahmed El Maanouni, Ousmane Sembene, Otar Ioseliani e Alcune Afriche di Alberto Moravia e Andrea Andermann. Da stanotte.

-------------------------------------------------------
AI per FILMMAKING, corso online dal 22 ottobre, con Andrea Traina

-------------------------------------------------------
-------------------------------------------------------
LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO DI SENTIERI SELVAGGI

-------------------------------------------------------

Domenica 7 luglio ore 1.20– 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IL PRINCIPIO DELL’INCERTEZZA. Agustina Bessa Luís e Manoel de Oliveira

--------------------------------------------------------------
KIM KI-DUK: LA MONOGRAFIA DEFINITIVA!

--------------------------------------------------------------

a cura di Simona Fina e Roberto Turigliatto

 

FRANCISCA    
(Id., Portogallo, 1981, 161′, col., v.o. sottotitoli italiani)

Regia: Manoel de Oliveira

Con: Teresa Menezes, Diogo Dória, Mário Barroso

Film restaurato dalla Cinemateca Portuguesa nel 2019.

Il cinema di Oliveira si è incontrato più volte con l’opera della grande scrittrice Agustina Bessa Luís, a partire da Francisca, e successivamente con Vale Abrão (La valle del peccato) , I misteri del convento, Inquietude, Il principio dell’incertezza, Specchio magico.

Dal libro Fanny Owen di Agustina Bessa-Luís, a sua volta ispirato a fatti reali del XIX secolo, Francisca conclude la «tetralogia degli amori frustrati». A metà del XIX secolo, lo scrittore Camilo Castelo Branco  e il suo amico José Augusto si innamorano delle due sorelle Owen, Marie e Fanny. Benché innamorato di Marie, José Augusto fugge con Fanny, ma trova in alcune lettere procurategli da Camilo un pretesto per non consumare il matrimonio… con l’idea delirante di “creare un angelo nella pienezza del martirio”.  Alcuni anni dopo Fanny muore di malattia, lasciando il marito con l’incertezza sulla sua verginità. Qualche tempo dopo, José Augusto viene trovato morto in un albergo di Lisbona.

 “La possibilità di realizzare Francisca arrivò inaspettatamente. Avevo preparato (ed ero pronto a cominciare) un altro film, una commedia, quando un disaccordo dell’ultimo minuto con l’autore della storia mi spinse a ritirarmi. Mi venne quindi in mente di fare Francisca (da Fanny Owen) perché ero già interessato alla vera storia, collegata alla famiglia di mia moglie. La conoscevo da tempo perché me ne avevano parlato e avevo letto alcune lettere di Fanny che ancora oggi sono in possesso di mio cognato Abel. Camilo Castelo Branco, il famoso romanziere che avrebbe scritto il noto Amor de Perdição, era amico di José Augusto e Fanny, e insieme a loro ebbe parte in questo triste fatto del 1850. Camilo evoca l’infelice storia di amore di Fanny e José Augusto nel libro No Bom Jesus do Monte. Forse lo fece, in un certo modo, per scrollarsi di dosso l’accusa di complicità nella natura indecorosa attribuita a questa storia romanticissima. Recentemente, la grande scrittrice Agustina Bessa-Luís ha fatto rivivere la storia in Fanny Owen, basando il libro su fatti veri e sugli scritti di Camilo. Fu l’opera di Agustina a spingermi a fare Francisca e sul suo libro ho costruito il film. Così, Francisca completa la tetralogia degli altri miei film sull’amore frustrato e cioè O passado e o presenteBenilde ou a Virgem Mãe e Amor de Perdição. (Manoel de Oliveira)

“Gli abissi, le anime, i pensieri non si possono filmare, si suggeriscono. Si filma solo ciò che si può fotografare ed è per questo che a me non piace uscire dal concreto”. (Manoel de Oliveira, Catalogo della Cinemateca Portuguesa, Manoel de Oliveira,1981)

“D’altra parte è proprio questo che in generale amo nel cinema: una saturazione di segni magnifici che si bagnano nella luce della loro stessa assenza di spiegazione.  È per questo che credo nel cinema”. (Conversazione tra Manoel de Oliveira e Jean-Luc Godard, Libération, 1983)

La tortuosa relazione tra Agustina Bessa-Luís e Manoel de Oliveira ebbe inizio nel 1981, quando il cineasta adattò il romanzo Fanny Owen (1979). Francisca è l’ultima eroina della tetralogia degli amori frustati, è un film di specchi e riflessi, una delle opere massime di Oliveira.

“Oliveira parte dal romanzo di Agustina Bessa-Luís, che a sua volta si ispira a un episodio camiliano realmente accaduto durante la metà del XIX secolo nell’ambiente intellettuale bohémien di Porto, frequentato dal noto romanziere Camilo Castelo Branco e dallo scrittore José Augusto.  Di fatto Fanny o Francisca è tanto un personaggio reale (è realmente esistito) quanto un personaggio di Camilo, visto che quasi tutto ciò che sappiamo di lei lo sappiamo attraverso Camilo e che tra i due c’è stato un rapporto complesso e ambiguo. È stata sposata con uno scrittore – José Augusto – compagno, amico e rivale di Camilo che ha contribuito in modo decisivo sia al loro matrimonio sia al tragico scioglimento di questo, intessendo intorno a essi un diabolico intrigo. […] In Francisca è tutto ancora più abissale [che in Amor di perdição)] In questo altro film camiliano l’«oscuro abisso» è ancora più completo. Perché non veniamo mai a sapere – come non si è mai saputo «storia reale» – perché José Augusto, dopo aver rapito Francisca ed essersi sposato con lei, non abbia consumato il matrimonio. Si sa che c’è stata una rivelazione terribile (intrigo? Fatto reale?) che l’ha portato a sospettare della verginità della moglie e a rifiutarne per sempre il corpo. Sul letto di morte, Francisca – la stessa Francisca che all’inizio aveva detto che l’anima è un vizio – (e, come in Amor de Perdição, Oliveira ripete la sequenza e il dialogo) lancia il terribile grido: «C’è un uomo che mi possa amare?». (João Bénard da Costa, in  Manoel de Oliveira, a cura di Simona Fina e Roberto Turigliatto, Torino Film Festival, 2000)

CONVERSAZIONE TRA AGUSTINA BESSA-LUĺS E MANOEL DE OLIVEIRA

(Incontro al Torino Film Festival, 2000, col., dur., 109′ ca, v.o.sott.it.)

A cura di Simona Fina e Roberto Turigliatto, riprese di: Alberto Momo

Una relazione, quella tra il maestro del cinema portoghese e una delle più grandi scrittrici lusitane, che ha sempre oscillato tra alti e bassi, conflitti, schermaglie amorose che solo una forte amicizia e una complicità artistica possono sostenere. “In fondo”, come afferma de Oliveira, “ci siamo sempre inseguiti come il gatto con il topo”.

 

Venerdì 12 luglio dalle 00:50 alle 6:00

INCONTINENTE NERO. LUCI DALL’AFRICA (1)

a cura di Fulvio Baglivi

TRANSES

(Trances, Marocco, 1981, col., 86′, v.o. araba con sott., it)

Regia: Ahmed El Maanouni

Con: Nass El Ghiwane, Larbi Batma, Abderrahman Paco, Omar Sayed, Allal Yaala (loro Stessi)

Girato nel 1981,  il film è stato il primo titolo restaurato dalla  World Cinema Foundation con la Cineteca di Bologna e fu presentato da Martin Scorsese al Festival di Cannes del 2007. A metà tra il film concerto e un esperimento free-form audiovisivo, il film segue quattro mesi di vita e attività della band di culto Nass El Ghiwane, dagli anni ’70 i cantastorie di Casablanca, per Martin Scorsese i Rolling Stones africani da cui il regista americano si è dichiarato molto influenzato.

 Negli anni Settanta, grazie a cinque musicisti “di strada” deter­minati a prendere le distanze dagli imperanti “languori orientali”, il Marocco conobbe infatti un exploit musicale che divenne espressio­ne dei desideri, delle frustrazioni e dei sentimenti di ribellione dei giovani. Nel film Ahmed El Maanouni ripercorre l’itinera­rio geografico e culturale della band, che nel 1974 perse uno dei suoi membri più rappresentativi, Boujemaa, scomparso all’età di ventotto anni. Attraverso le canzoni e le musiche del gruppo, il film descrive momenti tradi­zionali della vita sociale (il tè o lo scambio, il fuoco o la soffe­renza, l’acqua o la durezza di spirito), ma affronta pure impor­tanti temi di attualità (il tempo, la storia, l’allegria, la speranza). La trance, forma di espressione sacra e rituale per gli Gnaouas di Essaouira, diviene moderno delirio profano nelle riprese dei concerti di Cartagine, Agadir e Parigi.

“Le trance del gruppo sono il nostro equivalente della soul music, l’espressio­ne della nostra irrazionalità. Seguendo l’esempio dei Nass El Ghiwane, anch’io sono ritornato alle radici. La loro musica trae origine da un inte­ro millennio di storia marocchina e africana e il film cerca di mostrare e mettere in evidenza questa eredità. Per sottolineare le trance ho scelto la musica della confraternita sahariana degli Gnaouas e i versi del celebre poeta El Mejdoub”. (Ahmed El Maanouni, dal catalogo del Cinema Ritrovato, 2007)

ALCUNE AFRICHE                                              puntate 1,2,3

(Italia, 1975, col., durata totale 280’ circa, 5 puntate)

Di: Alberto Moravia e Andrea Andermann

Regia: Andrea Andermann

Un viaggio attraverso l’Africa in cinque puntate, partendo dal Congo e attraverso deserti e savane, incontrando uomini e animali. Le parole di Moravia, intense e interroganti più che descrittive, si incrociano con le immagini di Andermann cariche di colore e mistero. Il regista che insieme a Ennio Flaiano ha realizzato Oceano Canada andato in onda poche settimane fa all’interno di questo ciclo dedicato ai cineasti viaggiatori, cura anche il commento musicale con musiche di Pete Seeger e Gheorghe Zampir, la sigla è di Gato Barbieri.

“Né indagine sistematica né ritratto esauriente, questo libro è l’incontro di due sensibilità, l’eco di un rapporto con la natura che in Europa non esiste più. Figli della natura piuttosto che figli della civiltà. Andermann e Moravia più che dimostrare tendono a mostrare, più che a sorprendere a darci le loro impressioni su Alcune Afriche, sottili, ambigue, personali.” [Dalla copertina del libro Alcune Afriche, RAI/ERI 1983]

 

Sabato 13 luglio dalle 1:15 alle 6:30

INCONTINENTE NERO. LUCI DALL’AFRICA(2)

a cura di Fulvio Baglivi

UN INCENDIO VISTO DA LONTANO

(Et la lumière fut, Francia/Italia/Germania Ovest, 1989, col., dur.,101′, v.o. con sott.it.)

Regia: Otar Ioseliani

Con: Souleimane Sagna, Saly Badji, Binta Cisse’, Marie Christine Dieme, Fatou Seydi, Alpha Sane, Sigalon Sagna

Un villaggio africano conduce la sua vita quotidiana finché non arrivano i bianchi e inizia la deforestazione e la conseguente desertificazione. Excursus africano per l’apolide georgiano Otar Ioseliani, autore cardine di Fuori Orario, che mette in scena la dinamica coloniale e lo sfruttamento di persone e luoghi a favore del denaro. Premio speciale della giuria a Venezia.

IL CARRETTIERE                                         

(BOROM SARRET)

(Borom sarret, Senegal/Francia, 1962, b/n durata 19’, v.o. sott.it.)

Regia: Ousmane Sembene

Con: Ly Abdoulaye (il carrettiere), Albourah (il cavallo)

Opera prima del grande cineasta senegalese Ousmane Sembene di cui a breve Fuori Orario manderà in onda anche Le Noir de, è uno dei film fondativi del cinema africano. In poco meno di venti minuti Sembene racconta la giornata di un carrettiere povero e del suo cavallo nella città di Dakar, tra corse non pagate, sotterfugi dei clienti e impedimenti della polizia schierata a difesi dei quartieri ricchi. La visione e la forza del cinema di Ousmane Sembene, i corpi e la luce dell’Africa fanno di questo breve film un’opera fondamentale.

ALCUNE AFRICHE          puntate 4 e 5

(Italia, 1975, col., durata totale 280’ circa, 5 puntate)

Di: Alberto Moravia e Andrea Andermann

Regia: Andrea Andermann

Un viaggio attraverso l’Africa in cinque puntate, partendo dal Congo e attraverso deserti e savane, incontrando uomini e animali. Le parole di Moravia, intense e interroganti più che descrittive, si incrociano con le immagini di Andermann cariche di colore e mistero. Il regista che insieme a Ennio Flaiano ha realizzato Oceano Canada andato in onda poche settimane fa all’interno di questo ciclo dedicato ai cineasti viaggiatori, cura anche il commento musicale con musiche di Pete Seeger e Gheorghe Zampir, la sigla è di Gato Barbieri.

“Né indagine sistematica né ritratto esauriente, questo libro è l’incontro di due sensibilità, l’eco di un rapporto con la natura che in Europa non esiste più. Figli della natura piuttosto che figli della civiltà. Andermann e Moravia più che dimostrare tendono a mostrare, più che a sorprendere a darci le loro impressioni su Alcune Afriche, sottili, ambigue, personali.” [Dalla copertina del libro Alcune Afriche, RAI/ERI 1983]

----------------------------
SCUOLA DI CINEMA TRIENNALE: SCARICA LA GUIDA COMPLETA!

----------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative