La storia del Frank e della Nina, di Paola Randi

Come in un romanzo di formazione per sognatori, un film di belle idee, a volte un po’ fuori controllo, probabilmente ridondanti, ma rigonfie di quella voglia di esprimersi. VENEZIA81. Orizzonti Extra

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“Dio è un autodidatta” scrive Gollum sui muri dei corridoi della scuola. Gollum è un ragazzo che ha smesso di parlare e si esprime soltanto scrivendo i suoi pensieri con le bombolette di vernice. Conosce il Frank, che due anni prima aveva dichiarato di aver smesso di esistere, incidendo la fatidica data sul tronco di un albero. Per dirla alla Italo Calvino, la fantasia è un posto dove ci piove dentro e certamente l’opera di Paola Randi permea di belle idee, a volte un po’ fuori controllo, probabilmente ridondanti, ma rigonfie di quella voglia di esprimersi senza freni e totale sincerità. Il Frank vende compiti fuori dalla scuola per sbarcare il lunario e sta nel mondo come un personaggio dei fumetti, sentendo la minaccia della realtà prima degli altri e prima degli altri trova sempre riparo, la salvezza, l’isola che non c’è. Un giorno Gollum e il Frank, che mai si separa dall’articolo determinativo, come fosse un oggetto transizionale per cavalcare le onde spazio/tempo dell’età adulta, incontrano Nina, una ragazza gitana di sedici anni con una figlia e un uomo violento conosciuto come il Duce. La Nina, forte, intelligente e viva, vuole conseguire la licenza media e chiede aiuto a il Frank.

Più si frequentano e più si coalizza il “combo definitivo”, così inteso dalla voce fuori campo di Gollum, la triade perfetta e “fanculo” a tutti quanti. Si perché Gollum ad un certo punto riesce a far uscire la sua parola chiave, quella illuminante su una Milano a volte monocromatica con il giallo unico superstite, con le cattedrali nel deserto da immagini un po’ vintage, un po’ da atmosfera del Giambellino, alla scoperta dell’assassino dell’uomo ragno. La Nina scatta poi ogni istante della sua esistenza o quella di chi le gira intorno, quindi la realtà si fa un punto di vista e la storia tutta da scrivere. Le cose si complicano quando i tre protagonisti vengono coinvolti dal Duce in un affare losco e la realtà, appunto, prenderà il sopravvento. Sembra davvero un romanzo di formazione per sognatori, La storia del Frank e della Nina, che prova anche a raccontare la capitale del Nord, perché tra la nebbia, sogni industriali dismessi, attriti di ferro e poesia, sale forte il desiderio di cercare un posto nel mondo.

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Le relazioni seguono parallelamente i binari del tram, con quella anarchia del senso e del non detto. Un narratore muto, una realista rivoluzionaria, un irriducibile sognatore in una città che si fa presenza visiva, spesso sotto la forma dei rottami della vita. Paola Randi conduce altrove, l’altrove della storia comune a tutti con il “del” e il “della”, attraverso i passaggi che tutti incontriamo prima o poi: la nascita, la morte, la violenza, il ritrovarsi parte della natura. E se Dio è un autodidatta, si pretende contraddittoriamente di de-finirlo, proprio come questo cinema, che avremmo voluto semmai, senza ritrovare in fondo traiettorie più leggibili, si facesse tutt’uno con lo stile unitario architettonico dell’incompiuto.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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