Le Ere Disney
La Disney salda così le generazioni cresciute con gli antropomorfismi musicali de La Bella e la Bestia con l’oggettualistica avventurosa di Lasseter&Co.; le riproposizioni in sala di Cenerentola o La carica dei 101 con il primo prequel della storia del cinema d’animazione, Monsters University
di Luigi Coluccio
Tutti abbiamo affrontato quel rito capitalistico occidentale che è l’educazione sentimentale cartoonesca, e che per la maggior parte del pubblico, cinematograficamente alfabetizzato o meno, passa(va) per i cinquanta e più titoli della Walt Disney (studio). Walt Disney (personaggio) il cui lavoro e la cui vita – motore immobile che permea ancora oggi l’azione del colosso multimiliardario con sede a Burbank – vibrano sulle tensioni extra-diegetiche di film, cortometraggi, serie tv sono portatori. Dall’uso di fiabe e libri universalmente conosciuti alle diatribe sull’esatta composizione del Canone Ufficiale dei Classici, passando per la creazione dei vari Disneyland e la fondazione del California Institute of the Arts e dell’EPCOT, quello che complottisticamente emerge non è un riduttivo Walt Disney che è spia e antisemita assieme, ma un Walt Disney lanciato verso la favolistica e capitalistica (termini inscindibili della biografia sia dello studio che del personaggio) modelizzazione del mondo reale, con dislocazioni e traslazioni di oggetti puramente ideali al posto o accanto ad oggetti fattuali (l’attrazione dei Pirati dei Caraibi vicino o in sostituzione della Tour Eiffel).
La riproposizione in sala di tre pietre angolari del catalogo della casa di Topolino (La carica dei 101 il 9 e 10 giugno; Cenerentola il 30 giugno e il 1° luglio; La Bella e la Bestia dal 13 al 28 giugno, quest’ultimo in 3D), ci permette quindi un doppio moto di riflessione, che investe esattamente nello stesso momento chi guarda e chi scrive; chi guarda perché attua psicanaliticamente il riaffacciarsi di pulsioni generazionali ed emotive, chi scrive perché appare come un terreno privilegiato lungo il quale avviare osservazioni di lunga portata sull’estetica e l’industria del cinema. Ancor di più se i titoli sono esatti exempla dei vari periodi storici della casa di Topolino: i ’50 di Cenerentola ancora legati a psicologie e storie di matrice favolistica, i ’60 del nuovo tratto, nuovi ambienti e nuovi personaggi de La carica dei 101, i ’90 del Rinascimento Disney, l’assunzione del musical come struttura portante e il restyling grafico de La Bella e la Bestia.
Su una dimensione generazionale possiamo di nuovo ammirare l’esistenza archeologica, di puro frammento proveniente da un
Ma la vera strategia estetico-commerciale della Disney moderna sta nello scontro-incontro con la Pixar. Dai ’90 i due colossi vanno di pari passo: a metà del Rinascimento Disney inizia l’avventura dello studio di Emeryville, alla crisi degli studi di animazione della prima fa da contraltare l’ascesa definitiva dei secondi. Con l’assimilazione, non l’acquisto e lo smantellamento: Ed Catmull e John Lasseter divengono, rispettivamente, presidente e direttore creativo dei Walt Disney Animation Studios. La Disney salda così il dominio emotivo/estetico/commerciale del passato con quello del presente dominato dalla Pixar; le generazioni cresciute con gli antropomorfismi musicali de La Bella e la Bestia con l’oggettualistica avventurosa di Lasseter&Co.; le riproposizioni in sala di Cenerentola con il primo prequel della storia del cinema d’animazione, Monsters University.