Le Giornate del Cinema Muto. Incontro con Craig Barron

L’effettista e storico del cinema statunitense ci ha raccontato qualcosa in più del suo lavoro e delle sue idee durante il festival in corso a Pordenone

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Oggi, 9 ottobre, il Teatro Verdi di Pordenone ospita la prestigiosa Jonathan Dennis Memorial Lecture, nell’ambito delle Giornate del Cinema Muto. Protagonista dell’evento è Craig Barron, luminare degli effetti speciali, vincitore di un Oscar per Il curioso caso di Benjamin Button e collaboratore in un centinaio di film (tra cui I predatori dell’arca perduta, Batman – Il ritorno, Guerre stellari – L’Impero colpisce ancora)

Barron, oltre ad essere un artista di fama mondiale, è anche un profondo conoscitore della storia del cinema. Lo abbiamo incontrato nella giornata di ieri per farci raccontare qualcosa in più della sua storia e delle sue idee.

La tua conferenza ha un punto di partenza ben preciso: George Méliès. È inevitabile guardare alle “origini”?

Gli effetti visivi iniziano con Méliès. Lui racconta della scoperta accidentale di quella che chiama “sostituzione”, che è stato uno di quei trucchi che gli ha permesso di capire che il cinema poteva non essere soltanto lineare, ma poteva essere controllato, poteva godere di effetti visivi capaci di fare apparire e scomparire le cose. L’approccio dei Lumière prevedeva di porre un occhio sul mondo, il loro era un cinema documentario. Méliès è invece all’origine dei film di fantasia, che poi sono quelli che ancora oggi sono tra i più popolari a Hollywood. Partirò da qui.

In merito alla tecnica del matte painting come si è evoluta nel corso della storia come si è integrata all’avvento delle tecnologie?

Anche questa tecnica si può ricondurre in qualche modo a George Méliès che dipingeva i suoi set e quindi ha combinato la pittura con il film. Tuttavia tecnicamente il matte painting nasce con un uomo chiamato Norman Dawn e richiedeva una grande abilità artistica del pittore. L’illusione è molto semplice e nasceva da scenari dipinti su supporti di vetro che venivano poi posizionati davanti alla telecamera perché si mescolassero agli elementi reali. Il matte painting nasce dalla necessità di creare scenari impossibili da riprendere in natura o troppo costosi da ricostruire. Inizialmente eseguito manualmente su vetro, oggi sfrutta software per integrare elementi dipinti o modellati 3D con le riprese dal vivo, offrendo infinite possibilità creative.

Esiste un film che più di altri ha rappresentato un momento di svolta per l’effettistica?

È una domanda difficile; è difficile perché è come chiedersi che tipo di musica è la più importante per tutta la musica venuta dopo. Ci sono tante cose che sono parte di questo processo.

Il mondo del cinema è già cambiato con l’avvento dell’intelligenza artificiale?

Il passaggio sta avvenendo in questi anni. Oggi l’uomo c’è ancora e non ci si affida ancora esclusivamente all’intelliggenza artificiale. Ma tutto cambia, la tecnologia evolve, l’arte evolve. Tutto cambia e noi dobbiamo abbracciare il cambiamento, dobbiamo imparare a utilizzare l’AI perché rappresenta il futuro.

C’è qualcuno che apprezzi particolarmente nella storia del cinema e che ti ha ispirato nel tuo lavoro di creazione?

Mi piace molto Stanley Kubrick. Mio padre mi ha portato a vedere 2001: Odissea nello spazio in 70 mm. Al ritorno ne abbiamo parlato moltissimo. Credo che sia il film più silenzioso di Kubrick, capace di comunicare idee visualmente. Ed essendo io un artista che si dedica a questo mi interessa molto la capacità di raccontare storie attraverso idee e immagini e in questo Kubrick è un maestro. Ecco perché sono così interessato al cinema muto, ai film senza sonoro.

La vittoria dell’Oscar è stato un punto d’arrivo o solo un momento di passaggio?

L’Oscar è un riconoscimento dei tuoi colleghi, che ti dicono: ‘Hai fatto un ottimo lavoro, ci piace quello che hai fatto’. È un onore, non qualcosa che puoi ottenere con lo sforzo. O lo ottieni o no, e se lo ottieni, ci sono altre cento persone che avrebbero potuto riceverlo al tuo posto. Non ne danno molti, quindi ci sono sempre tanti meritevoli. Se ricevi questo riconoscimento dai tuoi colleghi, è un grande onore, ma non è qualcosa per cui ho lavorato. Non è una meta da raggiungere, ma un riconoscimento da parte dei tuoi pari. Ogni volta che lo ricevi, ci sono altre cento persone che avrebbero potuto averlo, quindi è un riconoscimento, un onore da parte loro, ma non è un obiettivo.

Nella giornata di chiusura del festival verrà proiettato The Winning of Barbara Worth, considerato fondamentale nella storia degli effetti speciali…

È molto drammatico, come il Titanic o qualsiasi altro di questi film che ancora mantengono in vita il genere disaster-movie, che è poi il genere di film con cui sono cresciuto. Gli effetti visivi del film sono stati creati da un uomo di nome Ned Mann, un artista di effetti visivi che ha lavorato per Korda, il regista Alexander Korda per molti anni. Se guardi il suo lavoro, noterai che ha una tecnica di combinazione di miniature, burattini e modelli per creare scene che sarebbero troppo difficili da creare in qualsiasi altro modo, basate sulla tecnologia dell’epoca. Parlerò anche di lui nel corso della conferenza.

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