L’elemento del crimine, di Lars von Trier

Primo frammento di una trilogia sull’Europa, l’opera prima sperimentale del cineasta danese ribalta tutti i luoghi comuni dei noir americani degli anni 40-50. In sala dal 1 agosto.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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C’è del marcio in Europa. Qui regna il caos e piove incessantemente. Lars Von Trier debutta nel lungometraggio con un’opera tutta spostata sulla potenza della visione, disintegrando ogni parvenza narrativa. Il detective Fisher (Michael Elphick) si sottopone per le frequenti cefalee ad una seduta ipnotica con lo psicoanalista (Ahmed El Shenawi) che lo riporta a due mesi prima, ad una indagine su Harry Grey, serial killer di ragazzine che vendono biglietti della lotteria. Per scoprire l’assassino Fisher segue il libro L’elemento del crimine del suo mentore Osborne (Esmond Knight) che gli consiglia di identificarsi con il criminale per capire il suo modus operandi.  Attorno gravitano la giovane prostituta Kim (Me Me Lay) e il capo della polizia Kramer (Jerold Wells) che non sembra gradire i suoi metodi di indagine.

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Raccontato così il film ha tutte le parvenza di un giallo di Raymond Chandler contaminato da atmosfere lisergiche; in realtà è un “subnoir” che utilizza il genere per un’autoanalisi che si trasforma presto in incubo. Se il modello dichiarato è M. Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang, le citazioni sono molteplici e comprendono Blade Runner (l’ambivalenza dell’investigatore, le atmosfere retrò), Andrej Rublëv e Stalker  (l’importanza dell’elemento acqua, i momenti onirici), Ottobre (la testa del cavallo), Eraserhead (l’emergere del subcosciente, il rumore di fondo disturbante), Rapporto confidenziale e L’infernale Quinlan (il personaggio di Fisher/Arkadin, Kramer capo corrotto della polizia, la femme fatale).

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Lars Von Trier ribalta tutte queste suggestioni manipolando il percorso psicoanalitico sull’orrore del mondo esterno come proiezione del proprio caos interiore. Il male corrompe la natura e prolifera indisturbato facendo scempio di corpi umani e animali; anche l’immagine cinematografica è invasa da questo processo patologico che ingiallisce ogni inquadratura come se non esistesse più un presente ma tutto fosse il ricordo di una mente disturbata. L’effetto virato seppia viene ottenuto con le lampade al sodio soprattutto per le inquadrature strette, mentre per le altre si è girato in bianco e nero ed è stato aggiunto l’arancione in post produzione. Lars Von Trier usa in maniera particolare le dissolvenze (personaggi che si tramutano in pietrisco, tergicristalli che continuano a muoversi sulla scena successiva), i piano sequenza acquatici e le riprese dall’alto con gli elicotteri in un delirio onirico. Poi il rosso del sangue e il blu elettrico di una lampadina. Nel manifesto programmatico di Von Trier ricorre spesso la parola “sensualità”: gli amplessi tra Fisher e la bellissima Kim si snodano attraverso il bordello, l’albergo Elite e sul cofano di una Volkswagen, ma il tono è decadente, terminale. Il tragitto non porta verso l’alto ma dritto nelle fogne. Non c’è una sola scena diurna, tutta l’azione si svolge in una notte infinita, un Antinferno con le anime che galleggiano trasportate dalle correnti. Chi è Harry Grey? Un po’ come dire “Chi è Keyser Soze”? In realtà non è importante l’identità ma il fatto che si guarda l’indagine dalla parte del carnefice non da quello della vittima. E la colpevolezza si eredita col metodo. Una curiosità: Von Trier compare in un cameo come guardiano notturno.

Gran Premio della Commissione superiore tecnica al Festival di Cannes del 1984, primo frammento di una trilogia sull’Europa (Epidemic del 1988 ed Europa del 1991), L’elemento del crimine è una opera prima sperimentale che ribalta tutti i luoghi comuni dei noir americani degli anni 40-50. Il novello Philip Marlowe ha perso sé stesso e si trova intrappolato nell’ipnosi come un lori lento dentro una conduttura fognaria. Il pessimismo di Von Trier si risolve nel concetto che l’elemento del crimine risiede nell’individuo e non nella società. E continuando ad immedesimarsi nell’assassino, il detective aderisce perfettamente ai pensieri del serial killer. Manhunter in versione psicotica: se ne ricorderà Michael Mann due anni più tardi.

 

Grand Prix tecnico al 37° Festival di Cannes

Titolo originale: Forbrydelsen element
Regia: Lars von Trier
Interpreti: Michael Elphick, Esmond Knight, Me Me Lay, Jerold Wells, Ahmed El Shenawi
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 104′
Origine: Danimarca, 1984

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
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