Anthony Miller (Russel Crowe) è un attore ex tossicodipendente che spera di rilanciare la sua carriera interpretando le vesti del prete in una sorta di reboot di L’Esorcista. A farle da assistente sul set sua figlia adolescente, appena tornata a casa a seguito dell’espulsione dal college. Una strana presenza prende possesso di Anthony, portando alla luce, passo dopo passo, un passato oscuro dei due protagonisti, costellato di traumi e perdite importanti. L’horror in questa chiave diventa quindi una vetrina dei temi del contemporaneo, piegando la rappresentazione verso una definitiva riappropriazione pienamente figlia della Gen Z.

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Partendo proprio da quest’ultimo punto, è utile pensare a L’esorcismo. Ultimo atto come a un tassello della macro opera di rivisitazione dei grandi film culto e la persistente “retromania” nostalgica che spopola nell’industria cinematografica e seriale moderna. Dall’avvento delle piattaforme è indubbia la voglia di una riscrittura che miri all’aggiornamento delle esperienze cinematografiche e che soprattutto comunichi alle nuove generazioni – che poi è anche la grande forza del genere, quella di saper ricalcare da sempre il cambiamento socio-culturale in atto. Qui Russel Crowe, all’apice della mostruosità, non lo vediamo mai darsi concretamente al massacro fisico o a delle aggressioni in piena regola. Piuttosto il demone che si impossessa di lui scatena una violenza verbale e prettamente psicologica, che lo costringe a fare i conti con i traumi nascosti, a mettersi in dialogo (quindi inevitabilmente in contrasto) con la sua giovane figlia. L’essere posseduti non è più quindi un modo di liberare lo splatter, quanto più una chiave di accesso al mondo emozionale di Anthony. La totale contrapposizione all’originale di Friedkin è quindi chiarissima.

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La proposizione meta cinematografica in L’esorcismo. Ultimo atto è un tassello fondamentale del mosaico che rappresenta. Perché anche qui si scorge una certa presa di coscienza riguardo quello che la finzione è ancora in grado di (non) offrirci. Allora viene naturale pensare al film come a una dichiarazione d’intenti: questa dialettica meta testuale torna a rimarcare un presente fatto di poca chiarezza e fiducia riguardo la messa in scena, e l’horror può ripartire da una dimensione umana per affondare il soprannaturale. Durante il racconto però la regia, che potrebbe offrire molto, si limita a scomparire sino ad annullarsi totalmente, e tutto viene lasciato nelle mani di Russel Crowe; che offre una performance appena sufficiente.

In definitiva, L’esorcismo. Ultimo atto ha dimostrato di aver preso coscienza del cambiamento generazionale, di cui sottotraccia parla eloquentemente. Peccato però che durante la visione non si colgono altri potenziali stimoli da parte del linguaggio in primis, e dalla piattezza delle ambientazioni poi. Non si coglie mai un reale rigore, e a conti fatti si ha come l’impressione di rimanere sospesi, incapaci nel capirci e nel capire chi ci sta accanto.

Titolo originale: The Exorcism
Regia: Joshua John Miller
Interpreti:  Russell Crowe, Sam Worthington, Ryan Simpkins, Chloe Bailey, David Hyde Pierce, Samantha Mathis, Adrian Pasdar, Adam Goldberg
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 93′
Origine: USA, 2024

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