"L'uomo umanizza i suoi demoni in un continuo bisogno di esorcizzare il male". Incontro con M. Night Shyamalan.

M. Night Shyamalan, regista giovane ma già affermato, conferma con "The Village" di avere tutte le carte in regola per imporsi come uno tra i gli autori più interessanti e innovativi nell'universo cinematografico. Dopo i fantasmi de "Il sesto senso" e gli alieni di "Signs", ora il sovrannaturale è veramente vicino agli esseri umani…

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In America "The village" ha deluso le aspettative dei molti che attendevano una storia sul sovrannaturale e invece si sono trovati davanti ad una bellissima storia d'amore. Forse anche il trailer ha contribuito a trarre in inganno?


 


Se qualcuno è rimasto deluso non mi sento assolutamente di attribuire la colpa o la responsabilità al marketing. Penso che se anche il film non entra nella top ten dei titoli campioni d'incasso non è un problema… Del resto la stessa cosa è successa per "Unbreakable" e questi due film sono i miei preferiti tra quelli che ho realizzato. Credo, nutrendo grande fiducia nel pubblico, che il film se ha in qualche modo deluso è perché lo spettatore si aspettava di vedere del sovrannaturale e questo non è stato poi così vero. Ritengo che il mio atteggiamento nei confronti del pubblico sia sempre stato quello di promettere e cercare di mantenere le promesse. Penso che per il pubblico americano ci vorrà del tempo per capire ed apprezzare il film, forse per gli spettatori fuori dagli Stati Uniti sarà diverso perché loro hanno altre aspettative nei miei confronti.


 


Il male, il bene, la morale sono stati inseriti all'interno delle azioni umane, calate nel reale in modo molto più evidente di quanto accadeva nei suoi precedenti film.


 


Amo il soprannaturale perché per me è un modo per parlare della fede e della fiducia, non è importante il mezzo con cui questo discorso si manifesta. Credo che esistano anche le cose che non vediamo e mi piace molto mettere alla prova quel muscolo, che noi tutti possediamo, che è l'immaginazione. In questo senso non credo di aver infranto nessuna promessa perché il soprannaturale continua ad esserci nel film, soltanto che questa volta l'ho reso reale attraverso l'amore, sentimento che poi a sua volta crea il soprannaturale. Sono gli anziani che, per amore, danno inizio a tutta la storia.


 


Che rapporto esiste tra la bugia e la punizione?


 


Queste fiabe che gli stessi uomini inventano e raccontano ai loro figli per me rappresenta l'elemento più spaventoso di tutto il film. Lo spavento è stato introdotto nell'animo degli abitanti attraverso una bugia ideata dagli stessi uomini. Ho amato molto, e amo tuttora, questo film e vorrei che il pubblico capisse, nonostante tutto, le motivazioni che hanno spinto gli anziani a prendere la decisione di mentire e simpatizzasse con loro.


 

Da dove crede che nasca il sentimento della paura?


 


 Credo che "Unbreakable" e "The Village" rappresentino in modo molto esatto quello che penso della paura: entrambe le pellicole raffigurano qualcosa di pericoloso ed inatteso ma che ha comunque il suo motivo d'essere. Come quando in una classe c'è qualcuno che pensa e si veste in modo che noi non condividiamo assolutamente, ma se si alza e va alla lavagna ad illustrare le sue ragioni noi non possiamo che starlo a sentire. Questo rappresenta per me un tema veramente centrale, l'esplicazione di quel che io intendo per pericolosità legato all'ignoto e al differente.


 


"The Village" ha alla base una profonda riflessione della storia americana degli ultimi anni. La comunità è quanto di più proibizionista possa esistere ed è un atteggiamento che l'America ha da un lunghissimo periodo. Quando ha iniziato a pensare a questo film?


 


Circa un anno e mezzo dopo l'11 settembre e la domanda che mi assillava era: "Dove abbiamo sbagliato?". Il film è ambientato alla fine dell'800, subito dopo la guerra civile in un momento estremamente delicato: il passaggio dalla lotta per la libertà a quello per il denaro. Ed è per questo che il professore di storia decide di fermare il tempo proprio in quel periodo, quando ancora la vita era regolata da dei meccanismi non corrotti. Credo che allora ci fossero dei valori diversi, un significato diverso da dare alla vita e alla giornata di ognuno. Prima dell'epoca dell'industrializzazione c'era una finalità continua nel fare le cose, alle azioni corrispondeva un effetto immediato ed erano più forti le cose per cui valeva la pena vivere e morire. Non come adesso che il mondo è dominato dall'ambizione e dai soldi.


 


La comunità si difende essenzialmente dalla malvagità umana. Lei crede che, come sostengono alcuni, l'uomo sia fondamentalmente cattivo?


 


Penso che se fosse possibile togliere al nostro modo di vivere i soldi, la macchina e i computer ritroveremmo qualcosa di buono, che però non è detto sia del tutto puro. Ma sarebbe comunque qualcosa per cui vale la pena vivere. Credo che l'uomo nasca innocente poi, per sopravvivere nella società, perde la sua purezza e compie scelte estreme. Quando la ragazza esce dalla proprietà si imbatte nel suo corrispettivo specchio di innocenza, che è rappresentato dalla giovane guardia. Piano piano il nostro modo di vivere ci fa perdere la spontaneità con la quale viviamo e penso che nella maggior parte degli uomini ci sia confusione e debolezza più che cattiveria. L'uomo umanizza i suoi demoni in un continuo bisogno di esorcizzare il male.


 

Il film gioca su diversi simbolismi. Utilizzandone uno ci può dire a chi, secondo lei, l'America si può affidare per risollevare la propria situazione?


 


Non sono molto "politico" nel senso stretto del termine ma ovviamente ho delle reazioni per ciò che accade nel mondo. A livello di storia del film il professore è un uomo che crede essenzialmente nella forza dell'amore. E' convinto che la ragazza, grazie a questa forza, risulti imbattibile e inarrestabile. Lui, come forse anche io e come tutti, vorrebbe che l'amore fosse la mano principale a guidare le azioni dell'uomo.


 


Anche se non è proprio un film dell'orrore "The Village" guarda ad un certo tipo di cinema horror degli anni 40' e 50'. Si è ispirato a qualche vecchio film in particolare?


 


A "I compari" di Robert Altman e "Picnic a Hanging Rock" di Peter Weir. Anche se non sono andato a rivedere questi film per l'occasione, credo che a suo tempo mi abbiano molto influenzato.


 


Il suo modo di girare è estremamente singolare e riconoscibile. Dal punto di vista stilistico come è cresciuta la sua esperienza dopo le riprese del film?


 


Ho sempre amato pensare al mio stile come qualcosa che si colloca tra il cinema e il teatro, non amo molto il montaggio e prediligo gli attori che lavorano a teatro. Quando giro la maggior parte delle volte la cinepresa diventa l'occhio dello spettatore. Le riprese ampie e lunghe che ho utilizzato, un pò come è solito fare Tim Burton quando racconta le sue favole, mi hanno molto interessato perché esasperando le inquadrature si ottiene, paradossalmente, un effetto molto realistico.


 


Progetti futuri?


 


Sto scrivendo una nuova sceneggiatura ma non vi dirò assolutamente niente…


 


 


 


 

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