One of Those Days When Hemme Dies, di Murat Fıratoğlu

Complesso e leggero allo stesso tempo, quello di Fıratoğlu non sembra un esordio. Leggero e complesso, luminoso se si accoglie l’invito del film e ci si concede del tempo. VENEZIA81. Orizzonti.

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Delle persone ballano a un matrimonio nella prima immagine di One of Those Days When Hemme Dies del turco Murat Fıratoğlu, presentato nella sezione Orizzonti di Venezia81. Uno stacco ci porta via da questa inquadratura fissa e prolungata, in un campo su cui è steso un immenso telo bianco, macchiato di rosso. Sono una miriade di pomodori, che vengono essiccati grazie al sale e al sole. Uno di questi, Eyüp: è insofferente, non viene pagato da troppo tempo. Scoppia un litigio, il suo capo lo chiama candidamente “figlio di puttana”. Eyüp non ci vede più. La moto con la quale vorrebbe volare a casa per prendere una pistola, però, si inceppa. È costretto a spingerla. Arrivato a un centro abitato, due suoi conoscenti seduti a un tavolino lo salutano. Lo invitano a fermarsi, a prendersi un tè con loro. Lui però ha fretta. Riparte, ma la moto si inceppa nuovamente.

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Come la moto, si inceppa anche il thriller che One of Those Days When Hemme Dies potrebbe sembrare dal racconto dei suoi primi minuti. Ed è una gran fortuna. Perché l’esordio di Fıratoğlu e la storia del suo protagonista (interpretato da lui stesso per mancanza di attori) si apre a una miriade di altri film. A partire dal cinema di Elia Suleiman, un chiarissimo riferimento per tutta la parte centrale, composta di piccoli quadretti, spesso fissi, dove piccole storie trafiggono la linea narrativa principale. La moto si blocca del tutto, Eyüp la lascia vicino a un albero per proseguire a piedi. Incontra un viticoltore con la parlantina che lo inchioda a un tavolo. Uno zio anziano che riaccompagna a casa portando per lui il cocomero che ha comprato. “Prima di andartene, taglialo. Mangiane un pezzo. Non puoi andartene senza mangiare”. Mentre Eyüp si mangia un pezzo di anguria, lo zio si addormenta.

Sprazzi di futile quotidianità spezzano qualsiasi pretesa di One of Those Days When Hemme Dies, ogni controllo è vano. Questa semplicità, se guardata con un’occhiata, rimarrà completamente muta, impassibile. Eyüp è seduto su una panchina, l’impasse sembra ormai certificata. Fissa il vuoto. Un uomo prende a calci una lattina abbandonata davanti a terra. Dopo un paio di passi, la raccoglie e la riposiziona dove l’aveva trovata. Qualche secondo e un bambino con una pistola di plastica spara di sfuggita a Eyüp (se nella storia c’è una pistola, deve sparare, diceva Čechov), poi una bambina interrompe il riposo della lattina, calciandola fuoricampo. Se si accoglie il gentile invito di Murat Fıratoğlu, se ci si concede il tempo di assaporare un pezzo di anguria o di calciare una lattina e resistere al ritmo incessante del tempo che scorre, ecco che qualcosa di luminoso si schiude davanti ai nostri occhi. Si aprono strade verso la poesia, la spiritualità, la pace. Solo, però, se ci si concede al ballo della vita, futile, banale e allo stesso tempo straordinario.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3
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