Ossessione Cinema. New York Stories: "Lezioni di vita" scorsesiane.

Martin Scorsese riflette sull'arte e su se stesso svelando il proprio laboratorio d'artista e catalogando il suo percorso da cineasta. E queste Life Lessons non potevano che essere delle New York Stories.

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Nick Nolte in Lezioni di Vita

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   Il cinema di Scorsese ha sempre ritratto ossessioni. Si è sempre autoalimentato narrativamente ed esteticamente delle ossessioni dei personaggi che rappresentava. Dai “peccati che si redimono in strada” nelle Mean streets infuocate, alla solitudine esistenziale che sfocia nella violenza compulsiva di Travis Bickle. Dalla furia autodistruttiva sui ring e nella vita di Jack La Motta, alla matrice di ogni dilemma scorsesiano: il “dubbio” dell’Uomo/Cristo che lotta coi propri demoni interiori. Scorsese quindi trae continuamente dalla realtà, dal dato reale, una porzione significante che iperrealisticamente dilata e manipola sullo schermo. Tentando disperatamente di coglierne la verità più profonda, più nascosta.  E in un film (mediometraggio in realtà, un episodio del trittico New York Stories) che si chiama proprio Lezioni di vita non poteva che abbattere gli ultimi residui metaforici e parlarci direttamente di se stesso. Affrontare i dilemmi dell’arte. Il pittore Lionel Dobie, interpretato da Nick Nolte, si pone nei confronti del reale esattamente come i personaggi di De Niro e Keitel facevano nei film precedenti: sceglie porzioni di realtà, vede solo quello che vuole vedere ed agisce escludendo tutto il resto. L’uso dei rallenti e della punteggiatura cinematografica (dissolvenze incrociate, chiusure ed aperture ad iride, ecc) così marcata, serve proprio a sottolineare esteticamente l’alienazione e l’ossessione che Lionel vive. Ossessione amorosa prima di tutto. La sua arte, per poter esplodere sulla tela, ha bisogno di essere alimentata dall’estasi e dal dolore che solo l’amore può infondere. E Lionel sceglie la sua assistente Paulette (l'after hours Rosanna Arquette) per idealizzarla, innamorarsene ed esserne inevitabilmente deluso. A questo punto agisce facendo detonare la sua furia creativa sulla tela: il campo della sua azione. Proprio come lo erano le strade da “ripulire” per Travis o il ring/arena per il Toro del Bronx Jack La Motta. Tela che nel corso del film si nutrirà e si arricchirà dei colori e delle sensazioni contingenti di Lionel, e che verrà letteralmente penetrata dalla macchina da presa di Scorsese diventando essa stessa inquadratura. Quindi cinema. Lezioni di vita

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   Il momento della creazione artistica, nella scena cardine del film, diventa l’unico momento di vero contatto tra Lionel e Paulette. L’unico momento di catarsi emozionale che schiude un contatto tra i due. La ragazza chiama ripetutamente Lionel, che non può ascoltare perché travolto dalla sua trance artistica e dalle note altissime di Like a Rolling Stones di Dylan che erompono dal suo stereo. Paulette quindi si ferma ad osservarlo mentre crea, mentre travolge di pennellate la sua tela. E resta bloccata, estasiata, colma di ammirazione e (chissà…) forse di quell’amore che Lionel brama tanto nella vita, ma che è destinato ad ottenere solo nell’arte. In questo momento di profondo contatto i due non si guardano, non possono guardarsi perché rivolti entrambi verso la tela. Che sta diventando quadro, quindi arte. La sola salvezza, sembra dire Scorsese, è il rifugio nel mondo intimo del gesto artistico che, per quanto illusorio, è l’unico che riesca a liberare Lionel (Martin?) dalle sue ossessioni croniche. Agendo addirittura come forza centrifuga verso il mondo. Quindi comunicando col mondo. Ma anche questo approdo risulta essere fugace, un’illusione: Paulette esasperata dalle ossessioni di Lionel, lascerà il suo Pigmalione a cui non resterà altro che perseverare nella sua coazione a ripetere. Nella Mostra dei suoi ultimi quadri Lionel incontrerà un’altra giovane pittrice bramosa di “lezioni di vero” e sentirà di nuovo l’impulso a isolare la giovane donna dal resto del mondo, a scegliere cosa guardare di lei (assecondato dal montaggio godardiano di Thelma Schoonmaker) e a idealizzarla a suo modo. La canzone A whiter shade of pale dei Procul Harum, che funziona da mantra creativo per tutto il film, ritornerà puntualmente in questo momento e il cerchio ossessivo di Lionel si chiuderà. Come l’iride a chiudere sui due adottata da Scorsese come (non) chiusura del suo film.

 

Lezioni di vero   Lezioni di vita può funzionare quindi come cartina di tornasole per tutto il cinema scorsesiano. Il loft a Soho rappresentato nel film è quasi lo svelamento del laboratorio segreto dell’autore italoamericano. Il suo sconfinato amore per il cinema (nelle fotografie finali, alla mostra, Lionel viene fotografato insieme a Scorsese stesso e poi insieme a Michael Powell, grande amico e mentore del regista) e per la musica (qui i must scorsesiani per eccellenza Cream e Bob Dylan vengono arricchiti dalla malinconia dei Procul Harum), funzionano da catalogo riassuntivo di un percorso filmico che di lì a poco avrebbe intrapreso una nuova strada. Forse meno privata e più corale. Forse meno ossessiva e più antropologica, ma altrettanto potente: una strada tra Wise Guys e Casinò.

 

 

 

 

 Titolo originale: New York Stories, ep. Life Lessons

Regia: Martin Scorsese

Interpreti: Nick Nolte, Rosanna Arquette, Steve Buscemi, Patrick O'Neill

Distribuzione: Touchstone Pictures

Durata: 44'

Origine: USA, 1989

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