Paul & Paulette Take a Bath, di Jethro Massey

Un film moderno ed antico, ben diretto, con dialoghi intelligenti, osserva la realtà con disincanto giovanile e un grande senso di libertà. VENEZIA81. Settimana della Critica.

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Del passato e dei fatti che lo compongono e diventati Storia ci sono stati tramandati avvenimenti ed aneddoti. Cadute e vittorie, rimaste alla memoria insieme ai personaggi che le hanno ottenute. Attrici ed attori come Marilyn Monroe o Elvis Presley, spietati dittatori come Stalin ed Hitler. Personalità pubbliche, contrarie e distinte, che hanno lasciato per motivi diversi il loro nome inciso sulla pietra. Paul e Paulette sono giovani e curiosi, girovaghi dell’amore, pieni del desiderio di scoprire nei segni del tempo i volti che lo compongono, in un viaggio di scoperta immaginato come una riscrittura. La loro fantasia di immedesimazione, ed il bisogno di esplorare sé stessi in un processo di confronto con gli altri, cerca quei momenti topici, con ingenuo interesse, nel deposito del racconto mitico. Un interesse morboso ed originale, reso nel film in maniera stravagante dai protagonisti in una macabra e giocosa messa in scena di crimini famosi. Mentre il loro legame diventa più saldo dopo l’incontro casuale nel boulevard di Parigi, cresce un’intesa fatta di attrazione, l’esuberanza dei corpi nel bivio cruciale della vita in cui ogni strada battuta è un sussulto emotivo, un’indagine da portare a paragone prima del prossimo sbaglio. Incontri, appuntamenti galanti, cene romantiche, messaggi, un mosaico sentimentale in continuo aggiornamento tra gli spazi ludici e lavorativi. Fino all’escursione nel mondo privato di Paulette, che arriva nei luoghi della sua infanzia, in Austria, dove ancora vivono i suoi genitori.

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Qui le tematiche si fanno più evidenti; si parla di razzismo ed omofobia, di orientamento sessuale ed omicidio, e il gusto digressivo della narrazione si contrae all’improvviso in presenza di un classico punto di svolta. Continua invece, ininterrotto e profondo, il discorso sulla rappresentazione, fatta di fotografie, di esclamazioni e dicerie, ciarle e pettegolezzi, di episodi scanditi da una scelta di montaggio, per fornire una versione tra le tante possibili. L’approccio pluripotenziale ben rispecchia l’identità in via di formazione, si nutre nel rifiuto, nella trasgressione, contento di calpestare l’ordinario, vibrante di forza ed energia. Un film moderno ed antico, ben diretto, con dialoghi intelligenti, sospeso tra il razionale ed il reale, che offre un’alternativa di conoscenza concreta nel puntiglio di una frase, nei muri scheggiati dai proiettili, nella figura tetra di una gigliottina, ed alimenta di simboli un’illusione che si muove da un’epoca all’altra.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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