Racconto di due stagioni, di Nuri Bilge Ceylan

Un film che prima ti aspetta, ti lascia scegliere cosa ascoltare e guardare e poi ti coinvolge e cattura. Coerente con tutto il cinema del regista turco ma stavolta c’è una marcia in più.

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Il campo lungo con il paesaggio innevato. E poi stacco, verso il finale, l’estate. Si succedono le stagioni in un tempo che si è fermato in un villaggio dell’Anatolia nel nuovo film di Nuri Bilge Ceylan. Non è più lo spazio di un poliziesco di C’era una volta in Anatolia e neanche il rifugio di un hotel dove esplodono le tensioni sentimentali di coppia di Il regno d”inverno con cui il cineasta ha vinto la Palma d’oro a Cannes nel 2013. E proprio da quel film, e dal successivo L’albero dei frutti selvatici che arriva quel senso di alienazione e isolamento che ha da sempre imprigionato i suoi personaggi dentro un luogo. Si trova nella stessa situazione anche il protagonista di Racconto di due stagioni. Samet insegna arte plastica in un villaggio remoto e aspetta da anni di essere trasferito a Istanbul. Ma il tempo passa e una serie di eventi – tra cui l’accusa di avere dei comportamenti troppo intimi con i suoi studenti – gli fanno perdere ogni speranza. Nel frattempo l’incontro con la sua collega Nuray, anche attivista politica in prima linea a cui è stata amputata una gamba dopo un bombardamento, rivitalizza le sue giornate. Ma anche in quel caso non riesce a entrare in sintonia con la donna anche perché anche Kenan, con cui condivide la casa, si è invaghito di lei.

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Nei piani-sequenza e nelle inquadrature fisse che dilatano i tempi d’attesa, il film di Ceylan lascia gradualmente esplodere l’insoddisfazione personale, i sogni perduti e soprattutto l’incomunicabilità. Antonioni continua ad essere un riferimento ben vivo per Ceylan ma è ulteriormente accentuato il rapporto con un luogo che è sempre uguale a se stesso, un regno d’inverno da cui non è mai più possibile uscire. E accentua le incomprensioni, gli scatti di rabbia, come nella scena in cui Samet arriva in classe e se la prende con i suoi studenti, caccia dall’aula Sevim e le impedisce di stare appoggiata al muro.

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Ceylan lascia tutto il tempo necessario per entrare nel film. Non forza la mano e non s’immobilizza con il rischio di ammirarsi fin troppo come nel film precedente. Per questo anche attraverso i suoi personaggi, spesso respingenti, il suo cinema riesce ad adeguarsi, anzi a scorrere parallelamente, ai tempi della vita. In una delle sequenze più belle del film, quella di Samet che va a cena da Nuray, ci sono insieme seduzione, inganno, tristezza, provocazione nelle parole dirette della donna all’insegnante che lo accusa di non impegnarsi politicamente. C’è una scena di un bacio poco più che sfiorato. Poi lei si asciuga le lacrime e fa un gesto come per pulirsi la bocca. Come è vivo il sentimento di repulsione e disprezzo in Ceylan, così vero e autentico che basta anche solo un’espressone del viso per mostrarlo. E, sotto questo aspetto, riesce a mostrare quello che provano i suoi personaggi anche attraverso la percezione di un disegno, un piano. Nelle istantanee fotografiche – che sembrano arrivare direttamente da quelle di Uzak – c’è dietro ogni volto una storia, anche soltanto in un personaggio di passaggio o in una comparsa. Per il suo cinema ogni storia diventa non solo interessante ma vitale proprio per il fatto che negli occhi, nelle rughe, ci sono le tracce di un passato che vale la pena di essere raccontato. In queste inquadrature c’è tutta la forza espressiva di un cineasta sempre coerente che stavolta prima cattura e poi coinvolge. E nei piani larghi lascia la palla sempre allo spettatore. Scegliere cosa guardare, cosa ascoltare, da che parte stare. I confini tra individualismo e collettività, bene e male possono essere nitidi o sfumati. Per questo, nella neve che cade, nella stagione calda con le erbe secche, nella voce-off finale, una volta intrappolati dentro Racconto di due stagioni, c’è l’inconscio desiderio di restarci e conviverci a lungo.

 

Palma come miglior attrice a Merve Dizdar al 76° Festival di Cannes

 

Titolo originale: Kuru Otlar Üstüne
Regia: Nuri Bilge Ceylan
Interpreti: Merve Dizdar, Deniz Celiloglu, Musab Ekici, Ece Bagci, Erdem Senocak, Yüksel Aksu, Münir Can Cindoruk, Cengiz Bozkurt, Onur Berk Arslanoglu, Yildirim Gücük
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 197′
Origine: Turchia, Francia, Germania, Svezia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.2
Sending
Il voto dei lettori
3.75 (8 voti)
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    Un commento

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