RoboCop, di José Padilha
Il Robocop di Padilha è un film sfortunato, non riuscito, ma con qualche nota di merito. Percepisce la complessitá politica e filosofica del personaggio, non si concentra tanto sulla violenza metropolitana quanto sul dilemma del libero arbitrio e della scienza umanista applicata alle nuove economie tecnologiche e massmediatiche. Piú che un giustiziere da Terzo Millennio è un brand, una tecnologia avanzata in fase sperimentale che misura su se stessa la resistenza dell'anima alla macchina
É stato un progetto a lungo rimandato e passato piú volte di mano il remake del capolavoro di Paul Verhoeven. A un certo punto sembrava dovesse essere Darren Aronofsky il prescelto dietro la macchina da presa di un rifacimento stimolante ma certamente rischioso visto la centralità postmoderna che il primo Robocop ha saputo rappresentare alla fine degli anni Ottanta sia per l'immaginario collettivo cinefilo che per quello teorico-concettuale. Nella sua fusione tra macchina e corpo Robocop é stato forse l'eroe cibernetico perfetto, certamente quello piú violento e crepuscolare, malinconica icona di un umano non piú umano irreparabilmente fagocitato dai meccanismi amorali, politici ed apocalittici della Nuova Industria.
In tal senso Robocop non puó non essere un personaggio autoriale. Dopo la rinuncia di Aronofsky la scelta é quindi caduta sul regista brasiliano José Padilha, reduce dai successi di Tropa de elite. In un'America quasi completamente proiettata alle invasioni militari e in mano alle industrie belliche super hitech, i soldati sono ormai infallibili robot senza coscienza. Nel Senato si combatte un'acerrima battaglia su una proposta di legge che estenderebbe l'uso degli automi anche per combattere la violenza all'interno del paese. Parte dell'opinione pubblica è contraria e allora la OmniCorp ha l'idea di immettere sul mercato un nuovo prodotto: un poliziotto metà uomo metá macchina. La giusta occasione si presenta con il detective Alex Murphy, coraggioso poliziotto in fin di vita. É la cavia perfetta.
Il Robocop di Padilha è un film sfortunato, non riuscito, ma con qualche nota di merito. Percepisce la complessitá politica e filosofica del personaggio, non si concentra tanto sulla violenza metropolitana quanto sul dilemma del libero arbitrio e della scienza umanista applicata alle nuove economie tecnologiche e massmediatiche. Piú che un giustiziere da Terzo Millennio (l'anno della storia è il 2028) questo Robocop è un brand, una tecnologia avanzata in fase sperimentale che misura su se stessa la resistenza dell'anima alla macchina (cosa che per la verità era già presente nel modello). L'elemento sorprendente è il debito che questo remake esibisce anche nei confronti del controverso, ma forse da recuperare, secondo capitolo di Irvin Kershner, con il quale condivide la manifesta e orrorifica frantumazione del corpo e gli inquietanti carri armati bipedi da dittatura fantascientifica. Quello invece clamorosamente negativo è la mancamza di una semplicità e giustezza spettacolare. Padilha non ha il senso della sintesi, sottolinea sfumature, allunga i tempi e perde di vista la fluidità action necessaria all'operazione. Il meccanismo allora si inceppa, soprattutto nelle lunghe digressioni televisive del conduttore Samuel L. Jackson. Un film nel film che spezza il ritmo per accendere il "dibattito". Espansione satirica straniante, proveniente da un altrove chiamato Starship Troopers. Erano altri tempi e un altro regista.
Titolo originale: Id.
Regia: Josè Padilha
Interpreti: Joel Kinnaman,Gary Oldman, Michael Keaton, Jackie Earle Haley, Abbie Cornish, Michael K. Williams, Jennifer Ehle, Jay Baruchel, Marianne Jean-Baptiste, Samuel L. Jackson
Origine: Usa, 2014
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 121'