RoFF 19 – Incontro con Francis Ford Coppola

Il cineasta ha dialogato con il pubblico presente in sala, sottolineando l’importanza di scrittura e recitazione e un consiglio agli aspiranti registi: “Non girate cortometraggi”

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“Bam! Uah! Woo! Pam!”. No, non è un parco giochi per bambini, ma Francis Ford Coppola e una decina di ragazzi che giocano, in cerchio, a lanciarsi una palla invisibile. Nel bel mezzo dell’incontro all’Auditorium Parco della Musica di Roma – in occasione della preapertura di Alice nella Città con l’anteprima italiana di Megalopolis – il cineasta ha chiamato gli studenti sul palco per mostrare alcuni dei “giochi di teatro” che fa fare ai suoi attori durante le prove. Un momento surreale, interrotto quasi con dispiacere per mancanza di tempo, emblema di quello che, più che una masterclass, è stato un dialogo aperto con i ragazzi presenti in sala, o meglio una “conversazione tra studenti”: “Il cinema è troppo giovane perché io possa essere chiamato Maestro, e poi il miglior insegnante è proprio lo studente”.

E così, lo studente di cinema Francis Ford Coppola si è raccontato, a partire dal motivo per cui ha deciso di diventare un regista, quando ha visto Ottobre di Sergej Ėjzenštejn: “Non avevo mai visto qualcosa del genere, era meraviglioso. Era un film muto, senza musica, ma che potevi ‘sentire’ attraverso il montaggio, e mi sono detto ‘wow, non voglio essere un regista di teatro, voglio fare film come questo’”.

In seguito, la sua carriera è esplosa con Il padrino, che “era molto classico, quasi shakespeariano”. Così Coppola ha deciso di sperimentare, facendo prima Apocalypse Now e poi Un sogno lungo un giorno, in particolare sulla scrittura e sulla recitazione, sulla quale ha insistito particolarmente: “Così come l’acqua è fatta di ossigeno e idrogeno, così il cinema è fatto di recitazione e scrittura. Orson Welles diceva che basta un weekend per imparare molto sul cinema, ma per imparare la recitazione e la scrittura ci vuole molto tempo. Quella è la parte più difficile. Ma la buona notizia è che più le pratichi, più migliori”.

L’importanza della recitazione è dimostrata anche dal fatto che “nell’epoca del muto, i grandi registi erano principalmente attori. E nella storia dell’industria del cinema, i registi più bravi vengono in gran parte dalla recitazione”. Non è poi vero che un regista tira fuori dagli attori le grandi performance che vediamo sullo schermo, in quanto “è l’attore a fare tutto. Il regista è come un coach, dà solo qualche consiglio ogni tanto”.

Proprio per questo è fondamentale il ruolo delle prove, che spesso gli studi cinematografici tendono a tagliare per risparmiare fondi. A Coppola, invece, “piace provare mettendo tutti in una stanza, con l’obiettivo di giocare e divertirsi. Nessuno può fare niente di sbagliato durante le prove. L’unica cosa che non possono fare è dire ‘al mio personaggio piace il vino’, devono dire ‘a me piace il vino’: devono essere i loro personaggi”.

A farla da padrone sono quindi l’improvvisazione e, soprattutto, il cibo e la musica: “Quando stavo facendo Il padrino, tutti erano preoccupati di incontrare Marlon Brando. Anche io lo ero. Quindi ho prenotato un tavolo in un ristorante, e l’ho fatto sedere a capotavola, essendo il padre. Alla sua destra ho messo Al Pacino, suo figlio, alla sinistra James Caan, l’altro figlio, e poi tutti gli altri membri del cast. Ho detto loro di cenare insieme, e alla fine di quella cena erano diventati i loro personaggi”.

Sulla scrittura, invece, sostiene che sia importante mantenere la costanza: stesso luogo, stessa ora, non importa se al mattino presto o a notte fonda. Coppola preferisce la mattina, “perché nessuno ha ancora ferito i miei sentimenti, e se qualcuno ferisce i miei sentimenti non riesco a fare nulla”.

Il suo consiglio, poi, è di rileggere ciò che si è scritto solo quando si è arrivati a un buon punto: “Quando scrivete, il vostro corpo secerne un enzima che vi fa odiare quello che state scrivendo. La mia raccomandazione quindi è questa: supponiamo che scriviate sei pagine al giorno. Scrivete le prime sei e non leggetele. Il giorno dopo scrivetene altre sei e non leggete nemmeno quelle. Quando arrivate a circa cento pagine potete leggerle tutte. Il motivo è che se leggete le prime sei pagine le odierete, inizierete a riscriverle e non andrete più avanti. In altre parole: cercate di scrivere senza giudicarvi, perché sbagliereste”.

Non è mancato un consiglio agli aspiranti registi, ovvero non iniziare girando corti, “perché quando dirigi un corto devi girarlo, montarlo, lavorare al sonoro, scegliere la musica, e così via. Prima che il pubblico veda il tuo lavoro passano mesi, forse un anno. Se, invece, dirigete brevi spettacoli teatrali, prendete due o tre attori, e li mettete direttamente in scena davanti a un pubblico, potete vedere subito la loro reazione”.

L’incontro si è infine concluso con parole di incoraggiamento per le nuove generazioni: “Credo che la vostra generazione farà cose incredibili. Chi produce film pensa che esista solo il tipo di film che stanno producendo. Sono le regole, dicono loro. Ma non è vero, non ci sono regole nell’arte. Sono sempre quelli che rompono gli schemi a superare la prova del tempo. Voi vivrete per più di cento anni, i vostri figli vivranno molto più a lungo di voi, e il cinema che si farà allora sarà molto diverso da Spider-Man. Quello è il cinema che si fa senza rischio. Ma non si può avere arte senza rischi. Sarebbe come fare figli senza il sesso”.

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