SUDAFRICA 2010 – Gli Orange Watchmen, fantastici eroi perduti
Se dal tunnel degli spogliatoi spuntava il portiere Jongbloed, con il numero 8 e le ginocchiere bianche, allora eri sicuro di aver azzeccato la festa giusta. Guardiani ormai banditi dai campi di calcio, che troveranno sempre spazio in una memoria parallela, alternativa, che vorremmo tornassero per scongiurare la “terza sconfitta mondiale”. Nessun uomo precipiterà dall'alto di un palazzo e nessuna goccia di sangue macchierà per sempre un sorriso, gli “orange” di oggi, saranno meno passionali, meno liberi e spensierati ma indossano perfettamente la maschera di Rorschach
Se dal tunnel degli spogliatoi spuntava il portiere Jongbloed, con il numero 8 e le ginocchiere bianche, allora eri sicuro di aver azzeccato la festa giusta. Quella del calcio totale, del pressing a tutto campo, del fuorigioco alto, senza più il libero staccato a coprire i due canonici marcatori, con l'estremo difensore che stazionava ai limiti dell'area e partecipava attivamente al gioco, con gli attaccanti che si confondevano in difesa e i difensori che volavano “spensierati” verso la porta avversaria. Non era anarchia, ma una perfetta organizzazione di squadra, con i capelli lunghi al vento e un movimento sincrono che lasciava rapiti. Come i Beatles o i Rolling Stones, o ancora come i Watchmen: eroi fantastici perduti e perdenti. Due finali, due sconfitte: nel 1974 contro la Germania, nel 1978 contro l'Argentina. Dominatori del bello e dell'utopia realizzabile, destinati a segnare per sempre l'immaginario collettivo di questo sport, oltre le vittorie, oltre le ingiustizie. Nei ritiri mondiali portavano anche le mogli e i figli, e si poteva copulare senza veti. Oggi molti di loro sono lontani dal calcio: c'è anche chi è finito sul lastrico, con i compagni di allora a prestargli denaro. C'è chi vive isolato dal mondo e scrive poesie, come Robby Rensenbrink, due volte vice pallone d'oro dietro il mitico Cruyff. La maggior parte di quella squadra vive ormai nel disincanto verso questo calcio, nonostante abbia seminato successivamente campioni insuperabili degli anni '80/'90: Van Basten è stato forse il più grande attaccante di tutti i tempi, Gullit l'espressione più riuscita del calcio moderno, fatto di tecnica, potenza e fisicità, Rijkaard il simbolo più alto di intelligenza tattica. Solo un Campionato Europeo vinto nel 1988 e tanto, tanto spettacolo regalato alle platee ed anche tanta sfortuna, come le caviglie troppo deboli di Van Basten, che lo hanno costretto al ritiro a soli 28 anni. Guardiani banditi dai campi di calcio, che troveranno sempre spazio in una memoria parallela, alternativa, che vorremmo tornassero per scongiurare la terza sconfitta mondiale. L'orologio dell'Apocalisse è regolato alle 20:30 di domenica 11 luglio 2010. Nessun uomo precipiterà dall'alto di un palazzo e nessuna goccia di sangue macchierà per sempre un sorriso, gli “orange” di oggi, saranno meno passionali, meno drammaturghi, meno liberi e spensierati (basta guardare le pelate dei gioielli Robben e il giovane Sneijder, per convincersi), speculatori che indossano però perfettamente la maschera di Rorschach, come ultimi giustizieri ancora in attività, determinati come non mai, capaci di affondare e colpire senza pietà. Qualcuno sta complottando contro gli avventurieri olandesi, quasi padroni di casa in Sud Africa, forse è qualcuno dall'interno, con la stessa concezione di gioco, ma più attrezzata, agguerrita, affamata, accentra