Superluna, di Federico Bondi

Un racconto di formazione con momenti affascinanti ma ancora troppo indeciso tra le forme del documentario e quello della fiction. Il film resta così irrisolto.

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BANDO BORSE DI STUDIO IN CRITICA, SCENEGGIATURA, FILMMAKING

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Con Superluna Federico Bondi sembra voler rispondere ad una domanda ancora inevasa. Il cineasta nasce come documentarista e qui firma il suo terzo film di finzione. Eppure, malgrado il corpus tutto sommato nutrito di lavori, il suo cinema è ancora un’enità labilissima, dotato di identità, di elementi ricorrenti (i personaggi femminili sempre al centro del racconto, un elemento tragico o catastrofico che le costringe a ripensare il loro rapporto col mondo) ma ancora privo di uno sguardo definito. Non sa decidersi se essere documentarista o regista di fiction, Bondi, lo annotavamo già parlando del suo Dafne e stavolta sembra prendere di petto la questione.

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Perché in Superluna tutto inizia da un terremoto, dapprima lasciato fuori campo, raccontato solo dall’audio di immagini spurie provenienti dallo smartphone di Viola, la bambina protagonista (ancora una donna) e dopo poco portato in campo, ma con la forza sconquassante del cinema massimalista.

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Viola diverrà testimone della catastrofe. Rimasta sola con un padre sempre più assente (la madre è stata ricoverata in ospedale al sesto mese di gravidanza dopo il terremoto), diverrà amica di un’altra bambina, Anna. Le due esploreranno la natura circostante ridisegnata dal terremoto e rifletteranno sul lato luminoso di ciò che è accaduto, sulla solidarietà che scaturisce dalla catastrofe, almeno fino a quando le due bambine non dovranno separarsi.

E forse anche Bondi è arrivato a nuove consapevolezze, se è vero che gli elementi più interessanti di Superluna sono tutti sullo sfondo della vicenda di Viola, nelle piccole storie di sopravvivenza di gente comune, nelle sfide legate alla convivenza, nelle insofferenze quotidiane di questo nuovo tempo (stra)ordinario.

Ecco lì, forse, Bondi raggiunge quel passo da docu/fiction che tallona da tre film, a sintetizzare quello che, a tutti gli effetti, pare un sobrio post apocalittico ad altezza uomo. E alla lunga la finzione assume un certo respiro realistico, i fatti si frammentano ma il mondo raccolto in quella piccola comunità pare comunque vivo.

Eppure il regita non pare credere troppo nel potenziale di quello spazio. Sposta piuttosto tutta l’attenzione su Viola ma non pare aver messo a frutto gli errori compiuti su Dafne. Superluna pare in effetti esplicitare ancor più evidentemente l’unità tra focalizzazione e personaggio di cui già si è parlato in quell’occasione, come testimoniano i messaggi vocali che Viola invia alla madre in ospedale, schegge di una narrazione interna sempre più invadente.

Bondi insegue ancora un cinema che fonda documentario e fiction retto da un protagonista che, da solo, dirige le linee del racconto. Ma la pur brava Francesca Raffone/Viola non ha le spalle abbastanza forti allo scopo. Piuttosto il film deve quindi riempire con il suo sguardo lo spazio che circonda la protagonista. Ma è un processo complesso, efficace davvero solo nelle parentesi più naturalistiche, trasognate. Ma Superluna appare sempre più strozzato, in difficoltà nel saggiare le potenzialità del suo linguaggio. Lo tradisce già il modo altalenante con cui Bondi si rapporta a Viola, rimanendole vicino solo in apparenza, in realtà allontanandosi sempre di più da lei, quasi a volerle lasciare il controllo del film a tutti i costi. E quando non ci riesce quasi perde la presa, non si accorge di certi spunti narrativi lasciati solo in potenza, si distrae, temporeggia.

Il punto è che Bondi non fa entrare mai davvero Viola nell’affascinante spazio realista della prima parte, piuttosto punta ad un film di fiction che però cerca disperatamente la sua tensione. Lo trova forse solo con la storyline del padre di Viola, tutto sommato ben gestita, per quanto elementare, poi tutto si fa posticcio, a partire dalla vicenda di Pasquale, misterioso ribelle della comunità scomparso durante la scossa, al cui destino, però, si fa fatica ad appassionarsi. Accade, forse, tutto troppo in fretta, come se il film scegliesse il suo campo d’azione, che è poi quello della fiction, troppo tardi. E a risentirne è soprattutto l’amicizia agrodolce tra Anna e Viola, raccontata con sguardo affettuoso ma superficiale, a tal punto che le svolte più drammatiche, appassionate del loro rapporto sembrano arrivare all’improvviso, senza scuotere troppo il film.

E allora si torna al punto di partenza, come tradisce, forse, un epilogo che è un ritorno all’ordine dopo la catastrofe. E la domanda da cui si era partiti è ancora inevasa e il cinema di Bondi irrimediabilmente irrisolto.

 

Regia: Federico Bondi
Interpreti: Francesca Raffone, Olivia La Terra Pirrè, Antonia Truppo, Lino Musella, Carmen Pommella, Vincenzo Pirrotta, Anna Bellato, Max Malatesta, Francesca De Sapio, Adriano Chiaramida, Francesca Alice Antonini, Gabriele Spinelli, Chiara Pazzaglia, Nicola Nicchi, Federico Ratini,  Lorenzo Ratini, Fabrizio Rongione
Distribuzione: Circuito Cinema

Durata: 101′
Origine: Italia, Belgio 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
3.67 (9 voti)
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