Tecnologie neurali e nuovi rischi per la privacy

La nuova tecnologia apre degli scenari preoccupanti riguardo l’utilizzo dei dati sensibili della nostra mente. I campanelli d’allarme dello Stato del Colorado e di Noah Harari

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Abbiamo visto di recente i promettenti risultati ottenuti da Neuralink, la società di bioingegneria fondata nel 2016 da Elon Musk, che hanno permesso al primo paziente umano Noland Arbaugh di interagire attraverso gli impulsi celebrali con un computer, e di controllare un cursore con il pensiero. E dopo l’ingresso di Musk nel mercato delle tecnologie biochimiche il settore è immediatamente cresciuto da allora, sicuramente anche grazie all’interesse dello stesso miliardario. Molti però sono i dubbi nati riguardo la possibilità di accesso che le compagnie produttrici di questi nuovi sistemi tecnologici (non solo Neuralink) avrebbero in termini di possesso dei dati personali degli utenti.

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Infatti lo sviluppo e il funzionamento di queste nuove biotecnologie, specialmente quelle neurali, richiederebbero una quantità di informazioni personali intime e private impressionante, forse mai viste prima d’ora – si parla di monitoraggio delle attività celebrali, quindi di potenziale accesso a paure, desideri, intenzioni o addirittura in un futuro prossimo di pensieri degli utenti. Inoltre tutte le informazioni raccolte sarebbero poi archiviate, propri come già accade per i nostri movimenti quando usufruiamo di piattaforme o social network. Questo nuovo mondo delle biotecnologie quindi potrebbe portare a delle preoccupanti crisi in termini di privacy degli utenti, con il rischio che i dati raccolti dalle tecnologie neurali vengano venduti a terzi, o peggio, ai governi. Ne hanno parlato di recente Internazionale e Wired.

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Negli Stati Uniti, dove le biotecnologie e le biomedicine compiono da anni progressi enormi, le cose sembrano cambiare anche a livello legislativo. Lo Stato del Colorado infatti ha approvato una legge che estende e amplifica la già in vigore “Colorado Privacy Act”. La legge già poneva le basi nelle comprensioni possibili di “dati sensibili”, e che con l’avvento delle tecnologie neurali sembrano dover trovare una ulteriore rinnovata definizione. “Siamo parecchio entusiasti di aver approvato una legge che proteggerà i dati neurologici e biochimici delle persone” ha detto Cathy Kipp, democratica del Colorado che ha introdotto la legge. È chiaro quindi come il mercato dei dati personali e sensibili, già ampissimo perché “legittimato” negli anni dai giganti del settore come Meta, sia ancora in continuo sviluppo e aggiornamento. Gli Stati e i governi, come quello del Colorado, tentano di arginare il problema regolamentando e bloccando la diffusione dei dati personali, per scongiurare il rischio di rivendita a terzi.

Del rapporto tra tecnologia e democrazie se ne occupa da sempre lo storico e sociologo Yuval Noah Harari. Lo scorso mese lo scrittore ha tenuto una illuminante conversazione con Ian Bremmer, fondatore di GZERO Media, a New York, in occasione del tour promozionale del suo ultimo libro per bambini Unstoppable Us, Vol. 2: Why the World Isn’t Fair. Di seguito riportiamo una breve traduzione di un estratto di questa conversazione, nel quale Harari parla del rapporto tra le nuove tecnologie e il sistema democratico.

“… Il fatto è che hai bisogno di un sacco di persone che aderiscano alle stesse regole. Se vivi in un contesto estremamente ristretto, arriverai a conoscere personalmente ognuno di loro. Quindi se c’è qualche attrito tutti posso partecipare per risolvere il problema. Ma se provi a costruire una grande città o un regno, da milioni di persone, non conosci il 99% della gente che lo abita. Non puoi parlare con loro direttamente. Come aderisci alle regole comuni quindi? E se si presenta un dibattito democratico, è possibile che questo non venga partecipato da una larga scala di popolazione. Questo accadeva fino al 18esimo secolo, vista la mancanza delle giuste tecnologie. La democrazia moderna è fondata sull’importanza del progresso tecnologico, ed è per questo che ogni cambiamento tecnologico smuove il sistema democratico. Prima dell’Era Moderna non c’erano mezzi per condurre una discussione di larga scala a livello di un intero Stato, che è anche il motivo per cui, prima dell’Era Moderna, abbiamo solo esempi di democrazie fondate su città-stato come l’antica Atene. Non esiste un singolo esempio di democrazia su larga scala prima dell’Era Moderna.

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