The Purge. L’incubo seriale del totalitarismo su Amazon Prime

La serie tratta dalla saga di The Purge immagina un presente distopico dove un regime totalitario concede una notte di sfogo come catarsi in cui tutti i reati, incluso l’omicidio, sono ammessi

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La distopia è il protendere verso un ideale distorto di perfezione che dai concetti utopici di armonia e ordine estrapola un’interpretazione repressiva e parziale, ed è spesso associata nell’immaginario creativo all’instaurazione di regimi totalitari che esercitano forme di controllo illecite, brutali o violente o comunque caratterizzate dalla mancanza di una reale soluzione alternativa alla verità dominante. L’univocità è uno dei pilastri di qualunque sistema religioso, per i precetti lapidari e la riserva trascendentale che lo contraddistingue, e tali attributi lo hanno reso storicamente uno strumento idoneo per esercitare il potere, direttamente o indirettamente, almeno fino alla diffusione dello stato laico, che sembrava accelerare il processo di secolarizzazione in maniera irreversibile, e stabilirne limiti e funzioni. Invece, evitato il rischio di sparizione, la religione, con la sua inesauribile capacità di adattamento, non solo è tornata in auge, ma, nella spinta della rete, con un effetto collaterale di enorme portata, ha fecondato il seme fondamentalista, che rappresenta l’espansione estrema del fanatismo.

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Il coinvolgimento spirituale nelle faccende terrene è rintracciabile in due prodotti recentissimi, che raccontano di una società finita nelle mani sbagliate, The Handmaid’s Tale e The Purge, espressione di approcci e linguaggi diversi, ma con delle significative convergenze, identificabili nel substrato millenaristico che ha preparato il terreno al successivo radicamento territoriale, ambientate in un paese come gli Stati Uniti che, anche solo pensando all’elezione di Donald Trump, rende plausibile il quadro generale. A prescindere dal dato geografico, un altro fattore, quello del nazionalismo trionfante, rende esportabile il modello oltreconfine, pensiamo anche solo a Jair Bolsonaro, neo eletto presidente del Brasile, o a Jarosław Kaczyński e Viktor Orbán, teste di ponte di una destra sempre più forte ovunque, dall’Italia alla Francia.

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The Purge è una serie Amazon Prime Video, realizzata sulla scia del successo della serie cinematografica omonima composta da quattro film (La notte del giudizio, Anarchia, Election Year, ed il prequel La prima notte del giudizio) prodotti dalla Blumhouse Productions, creatura di Jason Blum specializzata soprattutto negli horror a basso costo, coinvolta naturalmente nel progetto televisivo in collaborazione con Platinum Dunes e Universal Cable Production.

L’antefatto sia per il piccolo che per il grande schermo è lo stesso, il Paese, precipitato in una grave crisi economica, ha rischiato di finire nel caos. Per farvi fronte un’organizzazione oligarchica denominata Nuovi Padri Fondatori si è impossessata del potere. Una delle misure emanate dal governo è l’istituzione di una notte di sospensione della legalità, dodici ore durante le quali ogni reato è permesso, decisione giustificata dal fornire uno sfogo, come dice letteralmente il titolo, per poi servirsi durante la restante parte dell’anno di leggi fortemente limitative e dal pugno di ferro. Con la scusa della catarsi, nel considerare l’assenza di regole alla stregua di un rito purificatore, si espone la parte più debole, poveri, senza tetto, donne, insomma chiunque presenti delle vulnerabilità e non abbia la possibilità di rinchiudersi al sicuro in un bunker, non sia un cacciatore, un potenziale assassino o uno dei pazzi maniaci in giro per le strade. Una scappatoia che nasconde la logica insita nell’iniziativa: liberarsi della parte improduttiva della popolazione, come di fatto avvenne nell’applicazione del disegno nazista mirata ad eliminare quanti non ritenuti idonei, nel loro distorto tendere alla costruzione di un Übermensch ben lontano dall’originale nietzscheano. Sante matrone, suore sanguinarie, la notte è un brulicante di maschere raccapriccianti, un incessante proliferare di sette e congreghe, ognuna con un ben definito assetto classista che riflette la scala sociale dentro un intervallo di tempo che, paradossalmente, con l’impunità compromette la tenuta della struttura del sistema, lasciando la possibilità di concepire una rivoluzione approfittando della situazione di instabilità (una tesi tutt’altro che campata per aria: Thomas Piketty, nel libro Il capitale nel XXI secolo, dimostra dati alla mano come la distanza, il divario, la forbice tra i ricchi e i poveri si assottigli con la guerra).

Il livello figurativo blasfemo cattura suggestioni e mostri del passato dopo averli sottoposti ad un adeguato update, il mondo che i costumi e le atmosfere richiamano sembra estrapolato soprattutto da uno degli universi elaborati da Floria Sigismondi, regista anche i due episodi della prima stagione di Handmaid’s Tale, per Marylin Manson o per David Bowie. Tra i tanti video girati per il Duca Bianco, del quale è appena ricorso il terzo anniversario della morte (10 gennaio 2016), le connessioni si rintracciano soprattutto in The Next Day, lavoro che con l’accusa di oscenità ha ricevuto irriguardosi attacchi da ambienti ecclesiastici. Lo schema narrativo della ricerca di isolamento per sfuggire al pericolo affonda teoricamente nel Decameron del Boccaccio, che ha subito infinite variazioni, alcuni riferimenti istintuali più che risoluti potrebbero essere The Mask of the Red Death di Edgar Allan Poe, da cui sono stati tratti diversi film, uno dei quali diretto dal maestro dell’orrore Roger Corman, o il convegno libidinoso di Pier Paolo Pasolini di Salò o le 120 giornate di Sodoma, autori che in quanto ad ipotesi distopiche avevano talento da vendere.

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