"The rum diary", di Bruce Robinson
The rum diary e la sua linearità sono distanti da Paura e delirio a Las Vegas: se ne scorgono le tracce nella ricerca compulsiva, spietata e dolorosamente consapevole di una trasformazione della realtà. Il film di Robison sembra puntare soprattutto sul carattere incredibilmente attuale di un romanzo che mostra, attraverso uno sguardo che è quasi una tabula rasa (e che ha quindi la potenza di un risveglio), la sopraffazione dei media ad opera delle lobby con tutte le sue conseguenze
The rum diary e la sua linearità sono per molti versi estremamente distanti da Paura e delirio a Las Vegas: se ne scorgono poche tracce sulla superficie di un pavimento sporco, sul quale Johnny Depp cammina stralunato, nelle sue visioni di autodistruzione (le bottiglie di rum al posto dei birilli sbaragliati da uno strike), nella ricerca insieme compulsiva, spietata e dolorosamente consapevole di una prospettiva diversa sulla realtà, di una sua trasformazione in qualcos'altro attraverso le droghe comprate con i soldi "sporchi" offerti da Sanderson (la sessione allucinogena cui si sottopongono Kemp e la sua coscienza, incarnata dall'amico fotoreporter Sala). Droghe consumate nel buio suggestivo di una stanza che diventa l'unico posto possibile (e non perché fuori infuria la pioggia tropicale).
Il film di Robison sembra puntare soprattutto sul carattere incredibilmente attuale di un romanzo (scritto da Kemp tra i Cinquanta e i Sessanta e pubblicato trent'anni dopo) che mostra, attraverso uno sguardo che è quasi una tabula rasa (e che ha quindi la potenza di un risveglio), la sopraffazione dei media ad opera delle lobby con tutte le sue conseguenze individuali e sociali. Conseguenze sintetizzate in un'immagine senza appello, quella dello scrittore giovane con due romanzi e mezzo e senza editore che, dovendo scrivere per soldi, finisce prima in un giornale "messo subito in ginocchio da una banca", poi nelle mani di una persona potente, destinato alla manipolazione e allo sfruttamento. Kemp sembra costretto all'ambiguità, sua unica possibilità di sopravvivenza. Un destino che può essere cambiato, a vent'anni, solo dall'odore dell'inchiostro, là dove "la fine di una storia significa l'inizio di un'altra".