THE SCORE di Frank Oz

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TITOLO ORIGINALE: The Score
REGIA: Frank Oz
INTERPRETI: Robert De Niro, Edward Norton, Marlon Brando, Angela Bassett
DURATA: 123’
ORIGINE: Usa, 2001
DISTRIBUZIONE: Medusa
FORMATO VIDEO: VHS, Noleggio

"The score” quindi, il film tanto atteso, tanto aspettato, tanto discusso, parlato, e perché no, criticato. Iniziamo anzitutto con un’ammissione sincera e spassionata: il film di Oz è una di quelle opere che, semplici all’apparenza, in realtà si rivelano poi astuti meccanismi di riflessione su un intero genere, su un intero tipo di cinema e perchè no, su un’inveterata idea di messinscena. La costruzione quindi. Un potente uomo d’affari incarica un ladro ricco di esperienza di rubare uno scettro conservato da parecchi secoli nel cuore di Montreal, precisamente nel caveau di un edificio molto ben controllato. L’incarico però non riguarda solo lui, visto che l’operazione dovrà essere condotta con l’ausilio di un giovane aiutante già molto in gamba per la sua età. Semplice, efficace, diretto: un canovaccio degno del cinema classico hollywoodiano di cinquant’anni fa, se non fosse per delle piccole crepe insinuate qua e là nel tessuto del racconto, ma non solo, anche dell’immagine.
(Francesco Ruggeri)

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    "The Score" di Frank Oz

    Il film di Oz è una di quelle opere che, semplici all’apparenza, in realtà si rivelano poi astuti meccanismi di riflessione su un intero genere

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    “The score” quindi, il film tanto atteso, tanto aspettato, tanto discusso, parlato, e perché no, criticato. Iniziamo anzitutto con un’ammissione sincera e spassionata: il film di Oz è una di quelle opere che, semplici all’apparenza, in realtà si rivelano poi astuti meccanismi di riflessione su un intero genere, su un intero tipo di cinema e perchè no, su un’inveterata idea di messinscena. La costruzione quindi. Un potente uomo d’affari incarica un ladro ricco di esperienza di rubare uno scettro conservato da parecchi secoli nel cuore di Montreal, precisamente nel caveau di un edificio molto ben controllato. L’incarico però non riguarda solo lui, visto che l’operazione dovrà essere condotta con l’ausilio di un giovane aiutante già molto in gamba per la sua età. Semplice, efficace, diretto: un canovaccio degno del cinema classico hollywoodiano di cinquant’anni fa, se non fosse per delle piccole crepe insinuate qua e là nel tessuto del racconto, ma non solo, anche dell’immagine. Il teatro della vicenda ad esempio. Una Montreal chiaroscurata, vicina sotto molti aspetti a produrre quelle atmosfere tipiche delle città europee ed in aperta controtendenza rispetto ad una possibile e flagrante luminosità senza punti d’ombra. Chiaroscuro quindi, giorno e notte. Una dicotomia figurativa risolta in vero e propria costante narrativa, divisa tra le urgenze del giorno (la preparazione del colpo, le perlustrazioni sul luogo in cui dovrà avvenire) e la frenesia della notte in cui tutto sembra essere oggetto di un moto accelerato che non conosce freni. Due immagini per tutto ciò: il locale dove si suona il jazz (il proprietario è De Niro) e gli spostamenti disordinati e nervosi nelle strade della città. Nel primo, il colpo che dà motore e senso all’opera viene preparato nei minimi dettagli, pensato, ragionato e discusso dai suoi tre protagonisti. Ed è qui che si respira un’atmosfera di sospensione, scandita da un’a-temporalità di fondo che accarezza l’immagine fino a farle sfiorare la delicatezza morbida ed eterna del ricamo di corpi in grado di fasi leggere attraverso per intravedervi due direttive fondanti. E il punto è questo. Se infatti ad una prima lettura del testo visivo si evince un’organizzazione dell’intreccio basata per l’appunto su una perfetta aderenza del corpo alla parte da interpretare (il carattere massiccio e misterioso dell’organizzatore del colpo che è Brando, la furbizia e la scaltrezza caratterizzante invece poi l’esecutore del colpo che è De Niro), ad un’occhiata un po' più attenta e forse più conscia delle mille possibili derive metafilmiche anche di un film del genere, è possibile rintracciare una sottotraccia carsica che agita le tranquille acque della superficie. Stiamo parlando infatti di De Niro e Brando, rappresentanti eccelsi di due diverse storie del cinema, di due mondi che anche solo per un momento, per un attimo, sembrano incontrarsi nel limbo rarefatto di un intermezzo che sa tanto di vero e proprio centro motore di tutto. Per intermezzo intendiamo anzitutto quei momenti di stasi tra un’azione e l’altra in cui i due si riuniscono nel locale di De Niro per parlare del colpo. Ma forse abbiamo in mente anche un secondo significato per tutto ciò. Ci riferiamo infatti anche a ciò che sta per l’appunto nel mezzo e che con la sua presenza/assenza costituisce un senso in più in grado di porsi quale filtro prezioso con il quale leggere non tanto l’immagine, ma per l’appunto attraverso essa. Ed è proprio in questo frangente che i due, rappresentati di una presenza spiegabile forse solamente con la potenza di un fuoricampo che contiene la loro immagine, si elevano a vere e proprie cifrature metafilmiche parlanti il linguaggio della distanza, dello iato, che solo per un attimo si tramuta in effettiva vicinanza, in contatto da esperire prolungando l’esperienza di visioni passate con l’intensità della visione presente.
    Titolo originale: The Score
    Regia: Frank Oz
    Sceneggiatura: Kario Salem, Lem Dobbs
    Fotografia: Rob Hahn
    Montaggio: Richard Pearson
    Musica: Howard Shore
    Scenografia: Jackson De Govia
    Costumi: Aude Bronson Howard
    Interpreti: Robert De Niro (Nick), Edward Norton (Jack Teller/Brian), Marlon Brando (Max), Angela Bassett (Diane), Gary Farmer (Burt), Jamie Harrold (Steven), Paul Soles (Danny), Serge Houde (Laurent), Jean-René Ouellet (André), Martin Drainville (Jean-Claude)
    Produzione: Gary Foster, Lee Rich per Eagle Point Production/Horseshoe Bay Productions/Lee Rich Productions/Mandalay Pictures/Paramount Pictures
    Distribuzione: Medusa
    Durata: 123’
    Origine: Usa, 2001

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