TORINO 31 – Prince Avalanche, di David Gordon Green (Festa Mobile)
Prince Avalanche rinnova la storia vecchia dei due opposti che si incontrano. Il remake americano dell'islandese Either Way è stato scritto e diretto da David Gordon Green e il cineasta ha ritrovato lo spirito indie delle sue origini dopo una serie di esperienze hollywoodiane. Il paesaggio di una foresta texana che è stata devastata da una serie di incendi è l'orizzonte per la relazione beckettiana tra Paul Rudd e Emile Hirsch, per la loro difficile ma positiva convivenza e per una rinascita inattesa.
La coppia deve concentrarsi sull'azione ripetitiva e potenzialmente infinita di pitturare la segnaletica di una strada in cui passa soltanto un anziano camionista. I due sono molto diversi e si ritrovano insieme solo perchè Emile Hirsch è il fratello della fidanzata di Paul Rudd: la loro convivenza è ovviamente molto complicata. Prince Avalanche avrebbe potuto essere il solito plot sui caratteri opposti ma David Gordon Green ha scelto di tornare alle sue origini indie e ha rifiutato le strade narrative più banali. Il landscape in ricostruzione è un elemento di divisione tra i due ma ha un'influenza decisiva sulle loro scelte: il ragazzo ha poco giudizio, detesta la natura e vorrebbe spassarsela in città mentre il suo tutore ama l'isolamento, andare a pescare e montare la tenda per la notte. I momenti più significativi del film avvengono con la macchina da presa che mantiene la giusta distanza dai personaggi: è il caso di una sequenza intensa in cui lo sguardo si nasconde tra gli alberi mentre Paul Rudd entra nelle rovine di una casa e tenta di ricostruire la vita domestica precedente.
La messa in scena indugia spesso sui dettagli naturalistici e vuole legare dichiaratamente la vita che ritorna con lo stallo in cui si ritrova la loro esistenza. La coppia vede un'azzimata signora che cerca di recuperare i suoi ricordi tra le ceneri del suo salone ma David Gordon Green non precisa mai se si tratta di una persona reale o di un'apparizione. La solitudine cementa una bizzarra amicizia cameratesca che nasce attraverso la condivisione delle ansie, dei dolori e delle preoccupazioni: gli elementi di una sceneggiatura classica si disperdono in un racconto che non ha fretta, non si preoccupa di arrivare da qualche parte precisa e disinnesca continuamente il pericolo della scena madre.
Paul Rudd è abile a calarsi in un ruolo in cui ormai è specializzato: il ragazzone pignolo e ordinato che deve perdere il controllo per vivere più sereno ed appagato. Emile Hirsch è l'elemento che indirizza questa rinascita soprattutto dopo la fine de loro vincolo familiare: è evidente il suo gioco con il protagonista di Into the Wild di Sean Penn. L'avventura hollywoodiana di David Gordon Green è stata altalenante e la scrittura efficace di un film ristretto come Prince Avalanche spiega i motivi di questo difficile adattamento: il regista si trova molto più a suo agio quando deve girare per caso e ha la possibilità di sentirsi libero dagli schemi e dai doveri.