VENEZIA 66 – "Women without Men", di Shirin Neshat (Concorso)
Opera prima dalla raffinatezza formale impeccabile, a tratti persino bertolucciana nel suo filmare la storia mescolando pubblico e privato nella potenza di un affresco che non ha paura di immergersi in parentesi poetiche quasi trascendentali
Sorprende l'esordio alla regia della videoartista iraniana Shirin Neshat. Tratto dall'omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur, Women without Men riflette su un momento storico preciso nella storia dell'Iran: il colpo di Stato del 1953 appoggiato dai servizi segreti americani e inglesi in cui venne abbattuto il Governo vigente, democraticamente eletto, a vantaggio del reinsediamento dello Shah. Ambientato in una Teheran ricostruita in Marocco e fotografata con cromatismi saturi da un lato nostalgici e dall'altro fortemente caratterizzanti l'atmosfera psicologica e sociale in cui sono inserite le quattro donne protagoniste, il film della Neshat non disdegna simbolismi, metafore estetizzanti e una strttura narrativa elaborata a incastri e flashback in controtendenza, per certi versi, con la grande tradizione neorealista di Kiarostami e Panahi. In tal senso è evidentissima la sua formazione occidentale nel campo della fotografie e delle videoistallazioni.
Women without Men è un film che nel raccontare l'esilio che decidono di intraprendere l'attivista Munis, la prostituta Zarin, la nobile ma frustrata Fakhri e la tradizionalista Faezeh, le quali abbandonano città e famiglie per ritirarsi in una villa paradisiaca fuori dal tempo, finisce con il parlarci in realtà di una visione, che è contemporaneamente rimpianto e veggenza, immagine di un sogno sociale, politico, ma anche – se non soprattutto – artistico, cinematografico, e quindi sostanzialmente politico. Opera prima dalla raffinatezza formale impeccabile, a tratti persino bertolucciana nel suo filmare la storia mescolando pubblico e privato nella potenza di un affresco che non ha paura di immergersi in parentesi poetiche quasi trascendentali. Come fosse un lungo poema storico-letteraio tradotto in immagini che sono prima di tutto cinema.
Women without Men è un film che nel raccontare l'esilio che decidono di intraprendere l'attivista Munis, la prostituta Zarin, la nobile ma frustrata Fakhri e la tradizionalista Faezeh, le quali abbandonano città e famiglie per ritirarsi in una villa paradisiaca fuori dal tempo, finisce con il parlarci in realtà di una visione, che è contemporaneamente rimpianto e veggenza, immagine di un sogno sociale, politico, ma anche – se non soprattutto – artistico, cinematografico, e quindi sostanzialmente politico. Opera prima dalla raffinatezza formale impeccabile, a tratti persino bertolucciana nel suo filmare la storia mescolando pubblico e privato nella potenza di un affresco che non ha paura di immergersi in parentesi poetiche quasi trascendentali. Come fosse un lungo poema storico-letteraio tradotto in immagini che sono prima di tutto cinema.