Venezia 81 – La storia del Frank e della Nina: incontro con Paola Randi e il cast

Regista, cast e produttrice hanno raccontato nascita e sviluppo di un progetto stravagante e coraggioso, che vuole arrivare ai ragazzi raccontandone il disagio. Orizzonti Extra

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La storia del Frank e della Nina, tra le proposte della sezione Orizzonti Extra dell’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è il nuovo lungometraggio diretto da Paola Randi. Una storia che ci conduce tra le strade e gli edifici di una Milano nebbiosa, in compagnia degli stravaganti personaggi interpretati da Gabriele Monti, Ludovica Nasti e Samuele Teneggi. Nel cast anche l’animatore Bruno Bozzetto, alla sua prima volta su schermo, convintosi, a suo dire, del progetto quando “Paola mi ha detto che dovevo interpretare un personaggio che era un po’ fuori di testa e non aveva memoria. Lì ho pensato ‘questo sono io, sono perfetto'”.

Quest’oggi abbiamo incontrato regista, cast e la produttrice Laura Paolucci per farci raccontare qualcosa in più del film.

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Come sono nati questi personaggi che sembrano essersi imposti con molta prepotenza nel tuo immaginario?

Paola Randi: “Secondo me quando fai dei personaggi che ad un certo punto assumono una loro personalità sono loro che ti guidano e questa è una cosa che volevo cercare di raccontare. Io sono milanese, sono nata a Milano e quindi lì ho vissuto il periodo forse più intenso dell’adolescenza. Ciò che ricordo di più era questo senso di disagio inteso come senso di non appartenere, di non capire bene dove mettersi, dove stare, che è una cosa tipica dell’adolescenza. E in questa città secondo me assume dei contorni particolari che sono poi dei contorni d’avventura veri e propri. È una città che raduna i sogni di un sacco di gente che va lì e vive lì per cercare di fare, di avere una vita migliore, di realizzare qualcosa; e questa è la Milano che volevo raccontare. Grazie a questo a questo desiderio ho poi cominciato da questo personaggio, Gollum, che è un narratore senza voce; perché Milano è dentro, Milano è una cittadina nascosta, da scoprire e quindi Gollum che non ha voce, ma in realtà ha tutti questi pensieri nella testa ce li racconta, li tira fuori. Lui è un cercatore, uno che va, scova”.

“Dall’altro lato c’è il Frank. Il Frank è un personaggio un po’ misterioso, anche fragile, ma che ha dei grandi alleati, che sono poi i grandi alleati di tutti noi. Perché sono i poeti e le poetesse, gli scrittori e le scrittrici, gli scienziati; perché in tutto quello che tutta queste persone fanno e creano noi possiamo trovare un pezzettino di noi. Questo Frank lo sa, e questo suo sapere è un superpotere.
La Nina invece è una ragazza fiera, che si trova a vivere una condizione ingiusta per la sua età; però è una ragazza intelligente che vede il mondo attraverso il filtro di una macchina da presa. Il suo personaggio lo abbiamo creato con il riferimento di William Mayer, una bambinaia che improvvisamente inizia a fotografare la realtà in maniera meravigliosa.
Tutti e tre insieme, formano un’alleanza, una famiglia vera e propria. E grazie a questa alleanza provano ad affrontare la realtà”.

 

Il film mescola bianco e nero a sequenze a colori o colorate parzialmente. Come è stata gestita questa scelta così peculiare?

Paola Randi: “Lavoro da un sacco di tempo sulla memoria emotiva. Per me il cinema è un linguaggio intrinsecamente nostalgico, perché noi cerchiamo di acchiappare dei sentimenti e di farli rivivere per sempre. La realtà è uno spunto, ma poi a seconda del nostro stato d’animo noi viviamo alcune cose in maniera completamente diversa. Sul set abbiamo creato questa cosa che si chiama bianco-nero-selettivo. Ci concentravamo su un colore, poi a seconda dello stato d’animo di uno dei protagonisti, eravamo liberi di trasformare l’immagine. Il rosso per esempio è per il personaggio di Gollum un colore che rappresenta il pericolo, il giallo è una condizione media e così via. Quando entra in scena l’orribile marito della Nina, il colore scompare”.

 

C’è un interessante discorso sull’immagine, sull’apparire e lo scomparire in qualche modo tutti i personaggi esistono e non esistono. Come nasce questa riflessione? E a vostro parere, nella società di oggi (social-centrica e sovraesposta) non esistere è una condizione ancora possibile o perché no augurabile? 

Paola Randi: “Questo aspetto nasce dal fatto che in qualche modo, vedendo questa nuova generazione, io ho ritrovato come delle somiglianze con la me adolescente all’epoca. Noi ci chiamiamo la generazione X tanto non esistiamo. Perché quelli di prima erano quelli impegnati, quelli dopo erano quelli del millennio e in mezzo c’eravamo noi, che eravamo usciti anche da una pandemia molto grossa e ci ritrovavamo con una nuova tecnologia in mano che, anche se non era questa tecnologia, aveva una portata simile; cioè rendeva molto difficile il confronto con i nostri genitori perché appartenevamo a epoche evidentemente diverse. Dal momento che mi sembra di rivedere tutto questo, questa cosa mi sembrava estremamente interessante. Perché ci si può nascondere anche esponendosi”.

Samuele Teneggi: “Io penso che se l’assenza dai social, la mancanza di possesso del social, viene spesso fatta corrispondere all’inesistenza, questo riflette il tipo di presenza che i social hanno nel nostro mondo. Una cosa che posso dire tra l’altro è l’esperienza del set e del film, da questo punto di vista, è stata interessantissima, perché il set è una possibilità per non esistere. Andare sul set significa lasciare il telefono in camerino e godersela”.

Gabriele Monti: “Oggi non credo sia possibile non esistere. Fuggire da un’esposizione di qualsiasi tipo è impossibile perché ormai è capillare nella nostra vita, quindi questa è una generazione che esisterà per forza e avrà sempre questo questo cartello con cui accompagnarsi nella vita. Nel film, secondo me, questi personaggi hanno la fortuna di avere non solo l’onere ma anche l’onore di non essere visti da nessuno e di potere abitare, perfino, una Milano che di solito non si vede”.

 

Laura cosa ti ha fatto innamorare di questa storia?

Laura Paolucci: “L’incontro è avvenuto alcuni anni fa, perché avevamo già lavorato con Paola e già in quell’occasione aveva dimostrato tutta la sua creatività. In questo caso ci era arrivato un racconto che ci ha appassionato talmente tanto che a un certo punto pensavamo di volerlo trasformare in un romanzo. Poi è arrivata la sceneggiatura, che era una sceneggiatura molto originale, difficile. C’era già tutta la voce narrante di Gollum, c’erano tutti i semi che poi sono germogliati durante le riprese, c’erano già tutte le sue fantasie. Io sono molto molto felice del film perché era un film difficile. Paola è stata coraggiosa e noi siamo stati coraggiosi. A noi questi film piacciono e speriamo che sia un film che possa essere visto dai ragazzi, perché io penso che non ci siano tanti racconti per loro in questo momento e, quelli che ci sono, sono molto confezionati”.

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