VIDEOCLIP – Depeche Mode: dentro e fuori lo schermo (Parte I)

Sempre in anticipo di qualche mese sull'uscita dei corrispettivi LP, i video musicali del gruppo britannico sembrano preparare gli ascoltatori innanzitutto per un incontro “fisico” con le loro canzoni, a testimonianza del carattere sanguigno di certe liriche firmate da Martin L. Gore

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Stretto in una comunione d'intenti ancora senza eguali nell'attuale panorama discografico, il proficuo sodalizio ingaggiato con Anton Corbijn (dall'ambizioso A Question Of Life a oggi) proietta il tumultuoso universo espressivo dei Depeche Mode verso una continua rimodulazione di forme e contenuti, anche su un piano squisitamente musicale. Perfettamente calato nella triplice veste di fotografo, responsabile artistico e designer di scena, il talentuoso clip-maker olandese rappresenta senza dubbio qualcosa di inedito in un ambiente dove il "look" delle band viene elaborato di solito a compartimenti stagni: anzichè rimodellare la percezione del gruppo in seno al grande pubblico, il regista sceglie invece d'intervenire addirittura durante la pre-produzione di ogni singolo lavoro, precorrendo quella oliata solidarietà tra musica e immagini definitivamente esplosa nel decennio successivo. L'apparente didascalismo di Enjoy The Silence cela allora una consapevolezza aprioristica della sua valenza simbolica, non la solita rilettura a posteriori condotta sulle liriche del brano. Che poi alcuni compendi visivi finiscano talvolta per svilirne l'impatto evocativo (Behind The Wheel) o esibiscano come in Never Let Me Down Again un campionario di ossessioni sin troppo personale ed ermetico, resta comunque l'appeal indiscutibile di Strangelove a comprovare l'assoluta bontà dell'idea: qui l'assenza di qualsiasi approccio erotico in mezzo a tanti corpi sinuosi costituisce una confessione d'amore per l'unico elemento artificiale presente nel contesto, l'icona ricorrente del megafono rosso. Manifesto autorale e insieme emblema di una vocazione "for the masses".


Sempre in anticipo di qualche mese sull'uscita dei corrispettivi LP, i video musicali del gruppo britannico sembrano preparare gli ascoltatori innanzitutto per un incontro "fisico" con le loro canzoni, a testimonianza del carattere sanguigno di certe liriche firmate da Martin L. Gore: succede anche nei fotogrammi beffardi ma eleganti di Personal Jesus, dove le atmosfere cupe di una tormentata riflessione intimista scaldano il terreno per l'opera più popolare mai concepita dal quartetto.

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L'eterna transitorietà del progetto non può trovare d'altronde incarnazione migliore dell'automobile demolita da Gahan e soci in Stripped, dove i riflessi dei musicisti vengono travasati dai nostalgici ambienti di un drive in verso la pervasività dell'apparecchio televisivo; segno di una meditazione autoreferenziale dispiegata pure attraverso le sequenze di The World In My Eyes o Policy Of Truth, all'insegna di una reciprocità indissolubile con la finzione-realtà dello schermo che l'alternanza tra colori accesissimi e tinte bicrome esemplifica magnificamente.

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