VIDEOCLIP – "The hardest button to button", dei White Stripes

White Stripes Sergej M. Ejzenstein e Michel Gondry. L’attrazione tra le parole del grande regista russo e il lavoro svolto sul montaggio di questo video è sbalorditiva. Come se Ejzenstein ancora prima della nascita del video musicale ne avesse già prefigurato forme e tipologie di montaggio. A testimonianza della sua incredibile modernità

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White Stripes

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Nel suo La forma cinematografica (edito da Einaudi) Sergej M. Ejzenstein parlando dei diversi tipi di montaggio ne descrive uno che sembra prefigurare quello usato per la realizzazione di questo video degli White Stripes.
Il montaggio metrico. Scrive Ejzenstein: “Criterio fondamentale di questo tipo di montaggio è la lunghezza assoluta dei pezzi. I pezzi sono uniti insieme secondo la loro lunghezza in una formula schematica corrispondente ad una battuta musicale. Il risultato si ottiene con la ripetizione di queste battute.”
Nel video di Michel Gondry si nota subito come il ritmo del montaggio sia scandito dalla batteria di Meg. I pezzi di cui parla Ejzenstein sono le singole inquadrature. Guardando meglio il video ci si accorge anche di un’altra cosa. Che quelle che sembrano inquadrature fisse, all’interno delle quali si muovono Jack e Meg ad ogni colpo di batteria, in realtà sono piccole sequenze composte da un numero variabile di inquadrature che montate tra di loro danno il senso del movimento, seguendo in maniera precisa il tempo della canzone. La tecnica usata da Gondry è quella della pixilation. Ovvero un’inquadratura di pochi fotogrammi seguita da un’altra, la cui unione dà l’illusione del movimento. Un po' come la stop motion utilizzata nei film o nei video di animazione. Solo che in questo caso invece dei pupazzi ci sono esseri umani. The Hardest Button Quindi il video si sviluppa su due linee di montaggio. Una interna alle singole sequenze (mascherate però da inquadrature fisse) e l’altra che riguarda la totalità del video.
Continua Ejzenstein: “Si ottiene la tensione per mezzo di un’accellerazione meccanica, abbreviando i pezzi e conservando le proporzioni originali della formula.”
E anche in questo caso esempi non mancano, soprattutto nella parte finale del video con l’accellerazione di alcuni movimenti (quelli di Meg che suona la batteria e quindi delle inquadrature che la riprendono) rispetto al ritmo della canzone.
Conclude Ejzenstein: “In questo tipo di montaggio metrico il contenuto dell’inquadratura è subordinato alla lunghezza assoluta del pezzo.” E infatti le singole inquadrature servono solo a trasformare il ritmo della canzone in immagini, diventando “battute” visive di una partitura per gli occhi. Questo video fa anche parte di una serie di lavori del regista francese (si pensi anche a
Star Guitar dei Chemical Brothers) in sui si analizza il rapporto tra musica e immagini e le possibilità creative che da esso vengono generate.
Risulta comunque talmente esplicita l’attrazione tra le parole del regista russo e il lavoro di Michel Gondry che verrebbe da chiedersi se Gondry, prima della realizzazione del video, si sia riletto le teorie sul montaggio di Ejzenstein. O forse nella sua immensa genialità Ejzenstein, quasi settanta anni prima di questo video, era già stato in grado di prefigurare tipologie di montaggio audiovisivo che altri, dopo di lui, avrebbero sfruttato in nuove forme espressive che gli erano sconosciute (come quelle dei video musciali). A testimonianza dell’estrema modernità dei suoi scritti e delle sue teorie.

IL VIDEO

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